Sul bilancio dell'Ue si continua a litigare

Accordo di compromesso ancora in alto mare, nella tarda serata di ieri a Bruxelles, sul bilancio comunitario 2014-2020. Le distanze tra le parti hanno determinato un continuo slittamento dell'avvio del vertice, previsto per le 15,30 e non ancora iniziato cinque ore dopo. Evidentemente, gli incontri preliminari in corso fra il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e i diversi leader hanno fatto emergere esigenze contrapposte e nuove minacce di veto che allontano le prospettive di un'intesa. Intanto, Van Rompuy sembra aver raggiunto un limite nella corsa ai tagli in cui si era impegnato con molta lena, fin dal novembre scorso, seguendo l'input del governo tedesco, di quello britannico e degli altri cosiddetti «contribuenti netti» (Olanda, Svezia, Finlandia e Austria), che tuttavia non esauriscono l'elenco di coloro che pagano alle casse Ue più di quanto ricevono indietro.
Nei giorni scorsi era circolata l'ipotesi di una riduzione del bilancio pluriennale portando gli impegni a 960 miliardi di euro e scendendo fino a 900 miliardi di euro per i pagamenti, una cifra tonda allettante per il premier britannico David Cameron. Ma prima ancora che venisse ufficializzata, la proposta è stata accolta con una levata di scudi da parte del Parlamento europeo («L'Aula di Strasburgo non la voterà» ha ribadito ieri il presidente dell'europarlamento, Martin Schulz) e di diversi Paesi «beneficiari netti». La Cancelliera tedesca Angela Merkel (nella foto) è d'accordo con i tagli ma cerca di trovare una mediazione accettabile. La Francia difende la spesa agricola, l'Italia vuole una scelta equa che inverta la “ruota” del saldo negativo netto e vuole mantenere le posizioni acquisite sulla coesione.

I due Paesi difendono inoltre la spesa per la crescita.
Intanto, è in arrivo la stretta sui derivati: le nuove regole entreranno in vigore a metà marzo. Lo ha annunciato il commissario Ue per il mercato interno, Michael Barnier.

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