Sulla concorrenza sleale l'Europa trova l'intesa che salva il commercio

Anche la Cina sarà soggetta alle nuove regole basate sui prezzi e sui costi di produzione

Sulla concorrenza sleale l'Europa trova l'intesa  che salva il commercio

Roma - È una eredità del mandato di Antonio Tajani, attuale presidente dell'Europarlamento, alla Commissione europea, quando era responsabile dell'Industria. E anche un cavallo di battaglia di Forza Italia a Bruxelles e Strasburgo, tanto che il relatore è stato l'azzurro Salvatore Cicu. Ieri il traguardo. Il Consiglio europeo (l'organismo che riunisce gli Stati membri) e lo stesso Parlamento europeo hanno trovato un accordo sull'antidumping, cioè sulle misure che servono a difendere il commercio europeo dalla concorrenza che fa leva su costi ridotti e meno diritti.

L'annuncio è stato dato dalla presidenza di turno e quindi dal ministro estone Urbe Palo: «Stiamo restaurando la fiducia nel sistema difensivo commerciale europeo, dobbiamo proteggere gli interessi del business europeo contro le importazioni sleali, trenta milioni di posti di lavoro dipendono dall'import».

Il compromesso tra il Parlamento europeo e i Paesi membri, ha spiegato Cicu, «chiarisce il nuovo regolamento sulla metodologia antidumping che riguarda gli Stati membri dell'Organizzazione mondiale del commercio in cui esistono distorsioni significative» delle condizioni eque di mercato. Rientrerà anche la Cina. Ma non ci sarà l'onere della prova a carico delle imprese europee con partner in Paesi a rischio. E non aumenteranno i dazi.

«Dobbiamo proteggere l'industria europea: i posti di lavoro di migliaia di persone sono in pericolo a causa di pratiche commerciali scorrette», ha commentato Cicu.

Entra in vigore una nuova metodologia di calcolo dei margini di dumping pensata soprattutto per Pechino, anche se le regole valgono per tutti gli Stati dell'organizzazione mondiale del commercio.

Per decidere se uno Stato straniero sta facendo dumping si terrà conto di prezzi e costi di produzione, della presenza di sussidi, la diffusione della presenza di imprese pubbliche, di discriminazioni a favore delle imprese nazionali e l'assenza di indipendenza del settore finanziario. La stessa Commissione Ue dovrà redigere rapporti sui Paesi o settori dove esistono distorsioni.

Non ci sarà una lista nera di Paesi a rischio dumping, che avrebbe danneggiato troppo la Cina e i suoi partner europei. A segnalare i casi di dumping dovranno essere le imprese oppure i sindacati europei. Seguirà un contraddittorio con il Paese interessato. La legislazione, entrerà in vigore il prossimo anno, dopo un periodo di transizione.

«L'Europa è a favore di un commercio libero ed equo, ma non siamo degli ingenui. È per questo che dobbiamo far sì che, continuando a sostenere il sistema multilaterale fondato sulle regole, la nostra legislazione ci consenta di fare in modo che le nostre società operino in un terreno di gioco che sia uguale per tutti», ha commentato il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker.

Più che positive le reazioni dall'Italia.

Il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ha ricordato come la metodologia anti dumping, sia un «tema strettamente collegato alla questione del riconoscimento alla Cina dello Status di Economia di Mercato, ed è l'atto finale di un lungo e difficile percorso che ha visto l'Italia impegnata in prima linea nella difesa degli interessi della nostra industria e dei nostri cittadini». Una soluzione «non ottimale», ma «dobbiamo avere la consapevolezza di aver fatto tutto quanto era possibile».

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