Sulle banche Usa torna l'incubo dei subprime

Lo scudo offerto dalla Fed spinge a concedere prestiti anche a chi non può dare garanzie. Bernanke si è impegnato ad acquistare derivati sui mutui per 40 miliardi

È un fenomeno ancora sotto traccia, poco avvertito in un'America troppo distratta dalla corsa per la Casa Bianca e più preoccupata dai possibili effetti nefasti del cosiddetto fiscal cliff, ovvero la miscela micidiale fatta di tagli alla spesa pubblica e di aumento delle tasse. Eppure, sembrano già esserci tutte le condizioni per la versione reloaded dei mutui subprime, il cancro finanziario che ha prima devastato gli Usa e si è poi propagato in tutto il mondo fino a raggiungere la fase terminale con la crisi del debito sovrano europeo. La ripresa dei prestiti ipotecari è un dato di fatto, ben riassunto nelle trimestrali d'oro di Wells Fargo e Jp Morgan, due giganti che controllano circa il 45% del settore. Tra giugno e settembre, i profitti legati ai mutui della prima sono lievitati del 53%, quelli della seconda del 72%. Inoltre, le costruzioni di nuove case sono salite in settembre del 15%, un segnale inequivocabile di vitalità nonostante il comparto sia ancora lontano dai picchi del 2006.
Al di là dei numeri, sono le file davanti agli sportelli delle banche a testimoniare la crescente percentuale di famiglie, anche quelle che in passato hanno subìto un pignoramento, che si sentono di nuovo in grado di acquistare un immobile. Altre hanno invece deciso di rinegoziare il prestito (le richieste sono ai massimi dal 2009), in modo da sfruttare il sostanziale azzeramento dei tassi deciso dalla Federal Reserve. Chi riesce a spuntare condizioni più vantaggiose si ritrova con una liquidità aggiuntiva da destinare ai consumi o buona per estinguere altri debiti. Fin qui, nulla di male.
Il problema riguarda invece la terza operazione di quantitative easing con cui Ben Bernanke ha, tra l'altro, annunciato l'acquisto di cartolarizzazioni di mutui per un valore di 40 miliardi di dollari. L'obiettivo è quello di fornire un incentivo alle banche a erogare più prestiti sia ai privati, sia alle imprese, così da rinvigorire una ripresa ancora debole nonostante tutti gli stimoli messi in campo.
Qualche osservatore ha fatto notare che la Fed ha voluto dare una mano a Obama, sulla cui riconferma potrebbe risultare decisivo il voto dei milioni di americani disoccupati. Considerazioni politiche a parte, è un dato di fatto che la Fed rischia di scatenare una sorta di azzardo morale offrendo il proprio scudo a contratti derivati. Con le spalle coperte dalla banca centrale, gli istituti di credito potrebbero tornare alle vecchie (e pessime) abitudini: concedere cioè i mutui immobiliari anche a chi non può offrire alcun tipo di garanzia. Una nuova versione, insomma, dei subprime. Secondo alcune indiscrezioni, è quanto alcune banche Usa starebbero già facendo con lo scopo di massimizzare i profitti.

Venendo dunque meno alla regola in base alla quale i requisiti standard per concedere finanziamenti immobiliari devono essere più stringenti dopo il disastro provocato dal virus dei subprime.
È una strategia miope. Proprio la crisi esplosa nel 2007 dovrebbe aver insegnato che concedere un mutuo a chi probabilmente non sarà in grado di rimborsarlo, genera mostri finanziari poi difficili da sconfiggere.

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