Nonostante la revisione delle politiche di remunerazione, il taglio dei bonus e l'addio alle buonuscite a sette zeri, la sobrietà del sistema bancario italiano non è riuscita ad abbassare l'asticella dei compensi per i propri consiglieri e dirigenti sotto i 130 milioni. La cifra è largamente difettosa perchè considera solo le principali banche italiane, quelle quotate sul Ftse Mib.
Intesa ha speso 28 milioni, Mediobanca 20,8 milioni, Unicredit 18,7 milioni, il Banco Popolare 18,2 milioni, Ubi Banca 13,4 milioni, Mps 13,2 milioni, la Bpm 11,1 e la Popolare dell'Emilia 10,7 milioni. E questo nonostante lo scorso esercizio non sia stato dei più entusiasmanti per le banche italiane, in perdita, secondo i dati Consob, per 26,1 miliardi a causa della svalutazione degli avviamenti accumulati negli anni delle grandi acquisizioni.
Il dato paradossale è che, rispetto al passato, le retribuzioni sono effettivamente più contenute. Lo ha certificato anche il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, parlando di un calo «mediamente del 25%» per i vertici dei primi cinque gruppi sul 2010 e «del 20 per i primi quindici gruppi quotati». I banchieri più pagati del 2011 sono, come succede spesso, quelli in uscita.
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