Economia

Takata fa crac, buco da otto miliardi

Pesa lo scandalo degli Airbag difettosi: 16 vittime dal 2014

Takata fa crac, buco da otto miliardi

Il gigante, alla fine, è stato spazzato via dallo tsunami che lui stesso aveva provocato. L'onda devastatrice è piombata sul colosso giapponese Takata, quasi monopolista mondiale nella produzione di Airbag,i cuscini «salvavita» che equipaggiano gli automezzi. Takata, dal 2014 nell'occhio del ciclone per i problemi di funzionamento dei suoi Airbag, è stata costretta a dichiarare fallimento.

I «cuscini» difettosi, oltre 100 milioni (70 milioni quelli negli Usa), hanno causato la morte di 16 persone e il ferimento di molte altre. Al momento del gonfiaggio, l'espansione degli Airbag difettosi avveniva con una forza eccessiva e l'espulsione di schegge metalliche.

A essere danneggiate, inoltre, sono state anche le Case automobilistiche clienti, tra le quali Fca, costrette a richiamare 50 milioni di veicoli (circa 4 milioni, nel maggio 2016, quelli prodotti dal gruppo italo-americano, prevalentemente tra il 2004 e il 2005; e altri 1,9 milioni lo scorso settembre) con danni economici e di immagine. Il Lingotto ha già predisposto accantonamenti.

Takata, dunque, chiude nel modo peggiore una storia iniziata 80 anni fa. L'azienda ha portato i libri in tribunale e la procedura di insolvenza è stata avviata in Giappone e negli Usa. È il maggior fallimento industriale mai registrato in Giappone. Il gruppo, che si lascia alle spalle debiti per oltre 8 miliardi, ha stretto un accordo con Kks (Key safety systems), società Usa della componentistica controllata dalla cinese Ningbo Joyson Electronic. Quest'ultima rileverà per 1,4 miliardi la maggior parte delle attività di Takata. Le azioni dell'azienda fallita saranno radiate dalla Borsa di Tokio il 27 luglio. Ieri la sospensione dalle quotazioni dopo perdite nelle ultime sedute intorno al 75% (dal 2014 il titolo è crollato del 95%).

Takata controllava il 20% del mercato delle cinture di sicurezza e degli Airbag: ha 46mila dipendenti in 56 impianti in 20 Paesi, con un fatturato per il 90% realizzato all'estero. Le prime avvisaglie delle difficoltà risalgano al 2008 quando Honda, primo cliente di Takata, procede a un richiamo. Ma il terremoto arriva nel 2014, anno in cui scende in campo l'Agenzia Usa per la sicurezza stradale che si occupa del dossier dopo una serie di incidenti. Il gruppo aveva respinto inizialmente ogni responsabilità. Inutili i tentativi di accordo con le Case danneggiate. Da qui una nota di «profonde scuse ai creditori» e la richiesta di «comprensione e supporto».

Al termine della conferenza stampa nella quale è stata dichiarata la bancarotta, sono arrivate le scuse, con inchino, del presidente Shigehisa Takada.

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