Coronavirus

Lo sfogo dell'imprenditore: "Prestito su conti di 2 anni fa Così lo Stato mi ha fregato..."

Il prestito fino a 25mila euro concesso alle imprese in difficoltà? In alcuni casi può rivelarsi una beffa. Come ci ha raccontato un imprenditore lombardo

Lo sfogo dell'imprenditore: "Prestito su conti di 2 anni fa  Così lo Stato mi ha fregato..."

Tra gli aiuti messi a disposizione dal governo per aiutare l'Italia a fronteggiare la crisi economica provocata dal nuovo coronavirus, troviamo anche un prestito fino a 25mila euro concesso alle imprese in difficoltà e con garanzia statale al 100%.

Questa è una delle misure contenute nel cosiddetto decreto liquidità, un dl che comprende ''nome a sostegno della liquidità delle aziende grandi e medie'' colpite dall'emergenza Covid-19 e dai provvedimenti di chiusura imposti dall'esecutivo per arginare la diffusione del virus. Insomma, le imprese, dopo settimane di ibernazione, non hanno più entrate ma devono comunque saldare certi pagamenti. L'esecutivo ha quindi pensato di facilitare l'accesso al credito delle imprese, fornendo tutte le garanzie del caso.

Ogni impresa con sede fiscale sul territorio italiano ha accesso alla liquidità garantita dallo Stato. Mentre le grandi aziende saranno assicurate dalla Sace, quelle fino a 499 dipendenti e le partite Iva devono utilizzare un altro canale: il Fondo garanzia per le PMI. Attenzione però, perché solo le piccole imprese sono coperte interamente dallo Stato. Come se non bastasse, il prestito garantito non può superare il 25% del fatturato dello scorso anno oppure il doppio del costo del personale sostenuto dall'azienda. Tra le condizioni previste, inoltre, è specificato che non possono accedere ai prestiti le imprese che prima della fine di febbraio avevano esposizioni deteriorate

Al netto della giungla burocratica che le aziende devono attraversare per presentare la loro richiesta agli istituti bancari, gli imprenditori devono fare i conti con un altro problema di natura tecnica. Per ottenere il sussidio diretto i richiedenti devono presentare alle banche il fatturato del 2018 e non quello del 2019. Che cosa succede? Chi, ad esempio, ha avviato un'attività nel 2018, e ha avuto maggiori introiti nel 2019, difficilmente incasserà i famosi 25mila euro promessi, e neppure una cifra che vi si avvicinerà. Dovrà accontentarsi delle briciole. Il motivo è semplice: fa fede il bilancio del 2018. Morale della favola: molti si trovano con aziende avviate ma con sussidi da fame e pagamenti da onorare.

Un pasticcio normativo

Un imprenditore lombardo che ha chiesto di rimanere anonimo ci ha spiegato la sua situazione. Una situazione paradossale che ha il sapore di beffa. ''Nel 2018 - racconta il proprietario di un'azienda bresciana - ho aperto una piccola impresa. Nel 2019 ho avuto dei benefici e sono passato dal fatturare da 35-40mila euro a 110mila euro all'anno. Il coronavirus ci ha però tagliato le gambe. Al momento noi siamo fermi e lo saremo per molti mesi a venire visto che lavoriamo con l'estero''.

A questo punto l'imprenditore decide di usufruire della misura contenuta nel decreto liquidità: ''Hanno detto che si può richiedere il prestito sul fatturato del 2019, quindi vado in banca aspettandomi i 25mila euro''. A far fede c'è la dichiarazione Iva presentata a febbraio, che rispecchia il fatturato dell'anno precedente. La banca chiede tuttavia il bilancio del 2019 o, nel caso in questione, visto che stiamo parlando di una srl, la dichiarazione dei redditi. Entrambi devono però essere presentati a giugno.

''A quel punto – prosegue l'imprenditore - la banca mi chiede il bilancio del 2018. Ma in quell'anno avevo appena avviato la mia attività e il fatturato, come detto, era molto più basso rispetto a quello del 2019. Sul fatturato del 2019 posso chiedere 25mila euro ma su quello del 2018 ne posso chiedere appena 9mila. Questi soldi non mi bastano neppure per pagare le tasse allo Stato''.

Perché la dichiarazione Iva, un documento effettivo che testimonia il fatturato dell'anno precedente, non viene presa in considerazione? Questa è la domanda che si fanno molti imprenditori.

Ma non è finita qui perché c'è da considerare un'altra assurdità. ''I soggetti beneficiari costituiti dopo il primo gennaio 2019'' - si legge nell'articolo 13 del decreto - possono accedere al prestito producendo, anziché l'ultimo bilancio o dichiarazione fiscale, ''altra idonea documentazione, anche mediante autocertificazione''. Al nostro imprenditore, avendo aperto la sua azienda prima di quella data, viene richiesto il bilancio dell'anno precedente.

''In questo modo - conclude amareggiato l'imprenditore bresciano - si riducono i soldi che puoi chiedere, non arrivi ai 25mila euro e quel poco che prendi devi ridarlo allo Stato in tasse. In pratica ti indebiti per pagare le tasse, e come azienda sei nella stessa condizione perché non riesci ad andare avanti. Ogni banca offre incentivi sul fatturato del 2018 e non del 2019, perché nel 2019 non c'è bilancio. C'è un pasticcio normativo. Bastava considerare il fatturato del 2019 con riferimento alla dichiarazione Iva.

Non ci sarebbe stato alcun problema''.

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