Economia

"Troppa isteria ecologista nel dibattito sull'ambiente"

Il direttore di Energia: "I piani Ue? Calo marginale delle emissioni a costi esorbitanti. Un regalo ai cinesi"

"Troppa isteria ecologista nel dibattito sull'ambiente"

Professor Alberto Clò, nella transizione energetica il piatto della bilancia pende più verso l'ideologia o gli aspetti razionali?

«La transizione a un mondo senza fossili è un fatto più nominale che reale - risponde il direttore della rivista Energia -. Le fonti fossili mantengono inalterato il loro dominio con l'84% della copertura dei fabbisogni energetici mondiali, contro nemmeno il 5% delle rinnovabili che dovrebbero sostituirle. Non tenerne conto è ascrivibile all'isteria ecologista che condiziona pesantemente il dibattito sulle politiche climatiche».

Tutto ormai è politicizzato e anche i temi ambientali finiscono per essere strumentalizzati in vista di appuntamenti importanti

«La crisi climatica è un fenomeno globale affrontabile solo con una grande intesa internazionale che si tenta invano di conseguire. Da soli non si va da nessuna parte. Il flop, checché se ne dica, del G20 di Napoli, sta a dimostrarlo. Dal 2015, quando il mondo intero siglò l'Accordo di Parigi, le cose sono peggiorate. Una politica regionale come quella dell'Ue non sortirà alcun efficace risultato. Se tutto quel che propone fosse in teoria conseguito, le emissioni mondiali si ridurrebbero di una quantità marginale, a fronte di costi esorbitanti».

In Italia, intanto, il ministro Roberto Cingolani si sta «smarcando» proprio dall'ideologia, per esempio in tema di elettrico.

«Il ministro si è affrettato a dire che, seguendo le assurde proposte di Bruxelles, la Motor Valley chiude. Parliamo di un'industria che conta, in Europa, 11 milioni di occupati, in Italia 1,5 milioni, con un fatturato di 350 miliardi. I settori tradizionali che nel nostro Paese ne sarebbero direttamente interessati sono una quarantina, con 2,1 milioni di addetti».

Il piano Ue «Fit for 55» che prevede l'addio a benzina e Diesel nel 2035?

«Il passaggio all'auto elettrica, la sua stessa convenienza climatica, dipende da molte variabili, a partire dal tipo di fonte con cui si produce l'elettricità. Un'auto elettrica in più in Germania peggiorerebbe le cose, visto l'ampio ricorso al carbone incredibilmente aumentato quest'anno, senza che nessuno, specie a Bruxelles, osi dirlo. Non penso che ristrutturare tutta l'industria automobilistica europea in poco più di un decennio sia fattibile, anche se i danni si avvertiranno egualmente».

Gli Usa stanno pure spingendo forte sull'elettrico. Tra Ue e Usa, prevarrà la Cina?

«Allo stato delle cose, l'unica vincente sarebbe la Cina, che ha un controllo quasi monopolistico tecnologico e manifatturiero delle nuove rinnovabili e dei materiali critici per la mobilità elettrica».

Professor Clò, quali i contraccolpi del «tutto elettrico» sul mondo petrolifero?

«Il petrolio resta la prima fonte di energia e il suo consumo, nel 2021, ha ripreso a crescere raggiungendo i livelli pre-pandemia con 100 milioni di barili al giorno. Il punto dirimente è la sua risposta al crollo degli investimenti delle compagnie petrolifere. Un dollaro speso in meno oggi è un barile in meno disponibile domani. Da qui la prospettiva che, in pochi anni, si vada incontro a un pesante deficit di offerta con prezzi che alcune banche d'affari proiettano a 150-200 dollari al barile.

Dagli ormai 2 euro al litro della nostra benzina si andrebbe così verso i 4 euro».

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