Fino a qualche giorno fa batteva i pugni sul tavolo, puntando i piedi come un moccioso. Mai e poi mai, lui, avrebbe votato quella «vergogna». E invece, tirato per la giacchetta anche dagli amici repubblicani, alla fine ieri Donald Trump ha ceduto, mettendo la firma presidenziale al nuovo pacchetto di aiuti anti-Covid da 900 miliardi di dollari. E, già che c'era, ha vergato di propria mano anche il documento che licenzia la finanziaria annuale (valore, 1.400 miliardi), l'atto con cui è stato scongiurato il pericolo di trascinare dalla mezzanotte di ieri l'America in un semi-shutdown con la parziale chiusura dei servizi pubblici.
Insomma, un doppio sospiro di sollievo per il Congresso, per il Paese ancora alle prese con la pandemia e per i mercati, che nello sblocco della seconda tranche di stimoli all'economia Usa vedono ora le basi necessarie per continuare il rally anche il prossimo anno. Wall Street ha infatti salutato la notizia del via libera con un nuovo record (+0,70% a un'ora dalla chiusura) contribuendo a consolidare i guadagni delle Borse europee (+0,68% lo Stoxx600, +0,72% Milano, con lo spread a 108 punti, ai minimi dal 2016), mentre i prezzi dei T-Bond si sono piegati e i rendimenti saliti (0,95% il tasso del decennale).
L'ostruzionismo tenuto dal magnate fino a ieri nei confronti del pacchetto rischiava di lasciare senza il becco di un quattrino 14 milioni di disoccupati, mentre molte famiglie si sarebbero letteralmente ritrovate sul lastrico a causa della perdita della casa. Ma qualche danno è già stato fatto: due misure riservate ai senza lavoro sono scadute da un paio di giorni, e ora resta da vedere se questi benefici potranno essere ripristinati, o se l'assegno settimanale sarà definitivamente perduto. The Donald, che non intende cedere del tutto le armi, però promette: «Stanno arrivando molti più soldi. Non rinuncerò mai alla mia lotta per il popolo americano!». Non soddisfatto della parte del pacchetto che aggiunge un supplemento federale di disoccupazione di 300 dollari a settimana fino a metà marzo ed espande temporaneamente i programmi che hanno consentito ai lavoratori freelance e della gig economy di beneficiare dei sussidi, il tycoon intende battersi ancora per ottenere che i 600 dollari destinati ad ogni americano con redditi non superiori ai 75mila dollari l'anno vengano alzati a 2mila dollari. E spinge per destinare altri 600 dollari a ciascun bambino.
La proposta potrebbe essere posta in votazione alla Camera nelle prossime ore, quando dalla Casa Bianca dovrebbe arrivare anche l'elenco delle spese, ritenute autentici sprechi, che andrebbero rimosse. Trump aveva in particolare puntato il dito contro i fondi del «Covid-19 stimulus bill» riservati all'estero, «più di quanto viene destinato agli americani». In effetti, non vengono lesinati doni in denaro a Paesi amici (Israele su tutti, con 3,3 miliardi, seguita dall'Egitto con 1,3 miliardi), senza peraltro dimenticarsi di Cambogia, Nepal, Birmania e Ucraina. L'inquilino in uscita dalla White House dimentica tuttavia che cospicue sovvenzioni oltre frontiera sono previste nella proposta di budget presentata dalla sua amministrazione.
Forse Trump avrebbe fatto meglio a riservare il suo «j'accuse» alle regalie distribuite a pioggia, e senza nessuna attinenza con la lotta contro il virus, di cui beneficeranno, per esempio, i ricercatori chiamati a far luce sugli scontri razziali avvenuti 112 anni fa a Springfield
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