La nautica italiana riparte da Genova tra luci, ombre e speranze. Le luci: il nuovo format del Nautico, con più barche in acqua e più spazio alla vela. Le ombre: i numeri. Ben lontani dal quel fatidico 2008 che all'improvviso, nel bel mezzo del salone di Montecarlo, scatenò un terremoto il cui epicentro, come tutti sappiamo, fu localizzato oltre oceano. Incassato il colpo basso, le aziende si prepararono a limitarne i danni. Senza fare i conti con l'oste. Che si presentò puntualmente verso la fine del 2011 per sferrare il colpo di grazia. Per capirci qualcosa bisogna partire proprio dal 2008, quando il fatturato del comparto si era attestato a 6,2 miliardi. Bene. Nel 2009 l'effetto crisi aveva eroso un paio di miliardi per poi attestarsi a quota 3,3 miliardi nel 2010 e 2011. Perdite gravissime, intendiamoci. Ma, visti i momenti, «accettabili» secondo gli imprenditori. Ignari, tuttavia, che da lì a poco sarebbe arrivato l'oste con la clava. Una vecchia storia, ma ancora difficile da digerire. Accade che Mario Monti scende dalla cattedra e sale a Palazzo Chigi. Infierisce sul lavoro, sulle imprese, sulle famiglie. E dedica «attenzioni» particolari proprio alla nautica, roba per ricchi. Leggi assurde, poi riviste quand'è troppo tardi, fisco scatenato e persecuzione indiscriminata. Risultato: il settore vale poco più di 2 miliardi (dai 6,2 del 2008), oltre 20mila lavoratori a spasso, indotto raso al suolo, porti turistici vuoti dopo la grande fuga verso altri lidi e, soprattutto gli stranieri che girano al largo dalle nostre coste. Qualcuno forse tornerà, non si sa quando. Il danno economico è subito quantificato: oltre alla perdita consistente di fatturato il turismo da diporto si prende una sberla che vale un altro miliardo. E piange anche l'erario. Se poi consideriamo che il 55% della flotta mondiale dei megayacht naviga stabilmente nel Mediterraneo e che raramente punta la prua verso le coste italiane, il conto è fatto. Abbiamo la prova provata che il delitto perfetto esiste, con la certezza che esecutori e mandanti non verranno mai puniti.
E le aziende? Alcune, i grandi cantieri, vivono di export. Che nel 2013 ha sfiorato quota 98%. Il mercato italiano è morto e sepolto.
«Si sono polverizzati due terzi del fatturato del comparto - dice Massimo Perotti, presidente di Ucina-Confindustria Nautica e patron di Sanlorenzo. Oggi c'è qualche timido segnale di ripresa (+5% a maggio scorso). La nautica deve ripartire proprio dall'imminente Salone di Genova, un evento che nonostante le difficoltà si propone come punto di riferimento nazionale e europeo.
Abbiamo bisogno del sostegno di tutti e, soprattutto, dobbiamo fare in modo di risollevare questo settore anche attraverso un impegno mirato: aiutare le imprese medio-piccole, quelle che hanno più difficoltà di altre a portare i loro prodotti, pur richiesti, fuori dai confini nazionali».I presupposti per uscire dal tunnel ci sono. Genova ci dirà in che modo.
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