Del Vecchio al 3% di Unicredit. Stranieri al 26%

A un anno dal suo insediamento al vertice, Giuseppe Vita presidente di Unicredit festeggia in assemblea i risultati raggiunti e guarda con «abbastanza ottimismo» la seconda metà del 2013 e soprattutto al prossimo anno. «Abbiamo fatto passi da gigante» dice, sottolineando come, dopo le maxi svalutazioni e rettifiche sui crediti (per 9,6 miliardi) «il 2012 abbia segnato il ritorno all'utile (865 milioni rispetto a un rosso di 9,2 miliardi) e al dividendo (9 centesimi)». E non solo. A Piazza Affari il titolo è passato da 2,84 euro a 4,16 euro «con un aumento della capitalizzazione di 8 miliardi». È stata poi avviata la razionalizzazione nell'Europa dell'Est e la riorganizzazione della struttura operativa in Italia. Quanto ai prossimi mesi Vita ammette che «la situazione generale permane non facile, ma anche grazie alla presenza in altri Paesi, Unicredit saprà superare l'attuale fase». Cauto l'ad Federico Ghizzoni, secondo cui, il 2013 «non sarà facile, ma con le attività 2012 abbiamo posto le basi per una discreta ripresa e i 449 milioni di utile della prima trimestrale ne sono un primo segnale».
Al di là dei dati, l'assemblea ha riservato qualche sorpresa. Con la lettura degli azionisti presenti (il 52,6% del capitale) è emerso un tentativo di rimonta del fronte italiano, dopo un anno in cui si è assistito al rafforzamento della pattuglia dei soci stranieri (con l' ingresso di peso di Pamplona al 5%, il ritorno di Dodge and Cox oggi al 2,136% e la scalata di Blackrock al 4,922%). Delfin, la finanziaria di Leonardo del Vecchio, è salita al 3% (dal 2%), divenendo quindi il secondo socio italiano, subito dopo la Fondazione CariVerona (al 3,53%). L'imprenditore, approdato in Unicredit con l'aumento di capitale del 2012, nel giro di pochi mesi ha triplicato la sua quota. Di contro Carimonte è scesa al 2,267% (dal 2,996%). «È ovvio che ci faccia molto piacere una presenza italiana perché siamo italiani» sostiene a margine dell'assemblea Vita. Ma il divario rimane consistente.
Tra Fondazioni (le tre maggiori non arrivano al 9%) e soci privati (ci sono anche Maramotti, Della Valle, Caltagirone con l'1,2%, Pesenti e De Agostini), la presenza tricolore del primo gruppo bancario tocca il 22%. Mentre oltre confine è riposto oltre il 26% del capitale di Unicredit . «È un'iniezione di fiducia enorme nell'Italia" conclude Vita, per cui «meglio che investano in noi piuttosto che in Commertzbank o in Deutsche Bank». Oltre confine è riposto oltre il 26,2% del capitale di Unicredit.

Sono arrivati gli arabi di Aabar (6,49%), il fondo Pamplona Capital Management (al 5%), Blackrock (al 4,922%), la Banca centrale Libia (al 2,911%), la società di gestione risparmio Capital research (al 2,731%), la casa d'investimento americana Dodge and Cox (salita al 2,136% in precedenza era poco sotto al 2%) e Allianz al 2,095%.

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