Incertezza politica, riunione dell'Eurogruppo, sequester Usa: tre ingredienti da cui esce un frullato amaro per la Borsa. Reduce da una settimana in cui aveva lasciato sul campo il 3,5%, Piazza Affari ha continuato anche ieri a perdere pezzi. Un calo finale dello 0,85%, dopo che l'indice era arrivato a cedere durante la seduta oltre due punti percentuali, dà comunque la misura di un clima di sfiducia generalizzato che penalizza ancora una volta le banche.
È noto il legame stretto tra lo spread e i nostri istituti di credito, che hanno in pancia miliardi di titoli di Stato. Le recenti tensioni sul differenziale tra Btp e Bund tedesco, ieri salito a 346 punti dai 338 di venerdì scorso, hanno infatti indebolito dal 25 febbraio scorso (giorno dell'esito del voto) l'indice di settore del 10%. Ieri il Ftse Italia Banche è sceso di un altro 2,21%, ma ciò che colpisce è la caduta quasi verticale di alcuni titoli. A cominciare da Mediobanca (-4,6%). Da quando è stata resa nota la semestrale, martedì scorso, le azioni di Piazzetta Cuccia hanno perso il 20%: nonostante il raddoppio degli utili, il titolo risente della partecipazione nelle Generali. Seppur non con queste proporzioni, anche le altre banche stanno soffrendo: cali superiori ai tre punti hanno colpito, sempre ieri, Monte Paschi e Intesa Sanpaolo.
Tutte le Borse europee hanno comunque chiuso contrastate in linea con l'andamento incerto di Wall Street, che ancora deve prendere le misure alle conseguenze del sequester, i tagli alla spesa automatici da 85 miliardi di dollari scattati negli Usa nel fine settimana per l'incapacità del Congresso di trovare un compromesso sulla materia. Secondo numerosi analisti, la sforbiciata non colpirà i profitti della Corporate America (che rappresentano il 14,2% del reddito nazionale), ma i programmi per i più poveri e bisognosi.
L'altro fattore che ha reso prudenti i mercati è la riunione dell'Eurogruppo, convocata per decidere il salvataggio da 17 miliardi di euro di Cipro (trattativa chiusa entro fine mese).
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