Il consiglio non richiesto della Zuppa è: state dalla parte delle banche. Non si tratta di tifo o spirito sportivo, ma di interessi, quattrini. Le ultime due grandi operazioni in corso (Telecom e Rcs) vi fanno ben capire dove tira il mercato. La questione Rizzoli è molto chiara nella sua semplicità. Una pattuglia corposa di azionisti si è trovata imprigionata in via Solferino. Per carità, non ci fanno pena. Difficile pensare che l'investimento fosse stato fatto per ragioni industriali. Piuttosto il retropensiero di mettere un chip per poter dire la propria nel primo quotidiano italiano deve aver sfiorato l'ego di molti. Il problema è che il chip, con il tempo, è diventato una valanga. E oggi le banche si sono messe in testa di fare un'operazione molto penalizzante per i soci. Lo schema è banale. Gli azionisti ricapitalizzano il gruppo e con metà delle risorse fresche le banche rientrano dai propri sciagurati affidamenti. State dalla parte delle banche.
La questione è ovviamente un po' più complessa. Molti degli stessi soci della Rcs sono indebitati con i medesimi istituti di credito. Questi ultimi, legittimamente, rientrano del rientrabile. Per Rcs la soluzione è più complicata rispetto a Telecom, per il semplice motivo che i soci di minoranza, tanto piccoli non sono. Insomma la polpetta avvelenata la dovrebbero ingurgitare signori che hanno messo nel gruppo fior di quattrini e hanno qualche strumento di opposizione mediatica. Diciamo così.
In Telecom, invece, sono guai per i piccoli investitori. Che tutti insieme tanto piccoli non sono poiché controllano il 70% del gruppo. Ma che singolarmente (tranne che per i Fossati) sono tanti zero virgola. Degli invisibili. O se preferite il solito parco buoi. Qua l'operazione è un po' diversa. Ma segue il medesimo schema: le banche debbono rientrare del loro pessimo investimento di sistema. Per farlo è necessario che i cinesi di H3g fondano «3» con Telecom e che i medesimi si comprino le quote delle banche pagando un premio di maggioranza (sì, sì: fa ridere pensare che il 22,5% in mano alla scatoletta Telco possa meritarsi un premio) ai soci bancari. Nelle settimane scorse c'è stato un piccolo intralcio allo schema. «3» deve essere valutata almeno 1-1,5 miliardi per far girare tutta l'operazione. Ma scartabellando i conti ci si è resi conto di come i cinesi valutino un po' troppo generosamente il proprio margine lordo: è gonfiato (rispetto a quello di Telecom) poiché in esso non sono contenuti i costi per acquisire nuovi clienti (in sostanza vi regalano un telefonino supercool). Questi enormi costi vengono considerati investimenti che dunque intaccano solo i margini netti. Non sarà dunque indifferente capire se alla fine «3» verrà valutata applicando un certo multiplo al margine lordo o a quello (molto meno favorevole) netto. Alchimie, che possono però fregare i piccoli azionisti.
C'è un altro aspetto (questa volta riguarda la parte Telecom) che conviene sottolineare. Il gruppo di tlc ha un debito lordo superiore ai 36 miliardi ed uno netto di 28. Banalizziamo anche in questo caso: la differenza tra il primo e il secondo è cassa, liquidità che il gruppo si tiene sui propri conti per circa 8 miliardi. Perché tanta abbondanza con un debito così alto? E ancora: nelle settimane scorse il gruppo si è rifinanziato (emettendo una prima tranche di un ibrido) a poco meno dell'8 per cento. Il suo costo del debito dovrebbe essere intorno al 5%, anche se l'ultima operazione è stata molto più cara. La cassa, se gli va bene, rende l'1,5-2% ad essere generosi. Facendo proprio il conto della serva, ma particolarmente generosa, il costo of carry (la differenza tra costo del debito e rendimento della cassa) è di tre punti percentuali. Avere 8 miliardi di cassa costa circa 250 milioni di euro l'anno. Perché sostenere questo sbilancio? Non sembra sia aria di fare affari in giro per cui è necessaria pronta cassa. Al contrario si è in una situazione in cui un gruppo cinese sta cercando di portarsi a casa tutta la baracca, senza lanciare un'Opa.
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