Giovedì mattina. Una manciata di minuti prima dell’inizio dell’asta dei titoli di Stato italiani. Flash. «Il Tesoro italiano vuole tagliare le quantità di titoli da mettere in vendita nelle prossime aste, perché non è in grado di emettere». Insomma, i titoli della Repubblica italiana non hanno compratori a sufficienza e dunque gli uomini di Grilli (il vice di Monti) avrebbero ridotto le quantità di titoli in vendita e forse qualche appuntamento delle prossime settimane. Chiaramente una balla. Ma tanto è bastato a far schizzare gli interessi dei Btp che da lì a pochi minuti sarebbero stati messi in asta. Le offerte si chiudono infatti alle 11 di mattina. Una notiziola, un rumor piazzato al momento giusto e nel contesto adatto, e il gioco è fatto. Il nuovo sistema di vendite (adottato saggiamente dal Tesoro all’acuirsi della crisi) prevede una forchetta di titoli in vendita e non un stock fisso: se i prezzi che si formano soddisfano il venditore, si getta tutta la merce sul mercato, altrimenti si aspettano momenti migliori. Diverso rispetto a soli pochi mesi fa in cui le quantità erano fisse e i prezzi, dunque, potevano salire molto per riempire tutta l’offerta. Ma nonostante questo escamotage tecnico, un’indiscrezione piazzata al momento giusto fa il suo effetto. Ecco perché il Tesoro, giovedì, pur non vendendo tutti e tre i miliardi di titoli previsti, ha dovuto pagare interessi maggiori rispetto alle attese. E ieri sul mercato del reddito fisso è stata un’altra giornata campale. I dati su Cina e Usa hanno spaventato le Borse. Ma gli operatori hanno sentito aria di bruciato sostanzialmente per tre indiscrezioncine ben piazzate e rilanciate.
1. La liquidità immessa da Mario Draghi si potrebbe rivelare un boomerang, iniziano a dire fonti anglosassoni. Il motivo è semplice. Grazie a quella liquidità le banche hanno comprato titoli pubblici dei loro Stati. E si sono dunque riempite di titoli tossici. Così ormai vengono definiti i Bot mediterranei.
2. Entro la fine del mese, l’agenzia Moody’s procederà a un ulteriore downgrading di alcune banche italiane e spagnole. Perché piene di titoli pubblici italiani appunto, e per la pessima qualità dei prestiti erogati alle imprese.
3. La Bce non avrebbe più intenzione di comprare titoli di Stato dalle economie periferiche.
Boom, il mercato ha improvvisamente cambiato direzione. Le Borse hanno preso una botta; le banche in particolare. E gli spread sono saliti. Come dice un operatore attivo sul mercato: «Così si mina la confidence dei risparmiatori, le banche hanno ancora liquidità per comprare titoli del debito pubblico, poiché ritengo abbiano investito sì e no il 50 per cento di quanto fornito da Draghi, ma se il complesso di informazioni che circolano sul mercato è questo ci troveremo come a novembre».
É evidente che si tratta di un braccio di ferro: tra la speculazione e la Banca centrale europea. Il mercato ritiene che Draghi, a causa dell’influenza tedesca, non possa più intervenire a pompare liquidità sul mercato o a calmierarlo con acquisti selettivi e, dunque, prova a far saltare il banco. Quello che è certo, dice il nostro anonimo operatore, «è che alle nostre aste la presenza di acquirenti stranieri è praticamente pari a zero. Ci muoviamo solo noi. Una buona fetta di ciò che compriamo in asta poi cerchiamo di ripiazzarla a istituzionali, a fondi. E una parte va a finire in tesoreria. Ma se continua così non reggiamo. Come a novembre ogni scusa è buona per mandare a gambe all’aria le aste». Soprattutto sulle scadenze a breve la Spagna trema.
Voci, astuzie e segreti dell'ultima asta dei Bot
Giovedì mattina. Una voce: "Il Tesoro vuole tagliare le quantità di titoli da mettere in vendita perché non è in grado di emettere". Una balla. Ma basta a far schizzare gli interessi dei Btp
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