Per Edgardo Bartoli Berlusconi non ha vinto Come Giulio Cesare...

Sul numero del 6 aprile, il settimanale Azione diffuso in Canton Ticino e che tira 100mila copie in lingua italiana, si legge a firma di Edgardo Bartoli: «La destra, ha stravinto, ha stravinto il governo, ma non ha affatto stravinto Berlusconi...» e chiude con un bel: (Berlusconi) «fino a ieri indiscusso, oggi traballante sul suo malfermo trono», come dire che le Legioni di Giulio Cesare hanno sconfitto il nemico su tutti i fronti, ma Giulio Cesare non ha affatto stravinto e sta perdendo il comando. Bel modo di fare giornalismo, da sinistra. L’Edgardo delizia gli italiani settimanalmente (con altri giornalisti della stessa tendenza politica) su quella pubblicazione che fa capo al supermercato Migros che vende a italiani di centro, di destra e di sinistra. Io lo definisco l’organo della sinistra italiana in Canton Ticino. Tale periodico che è di tutti i soci, me compreso (stante che fa parte di una Cooperativa), è sommamente imparziale, ma guai a criticarne i contenuti: il suo direttore risponde, quando risponde, in modo scortese. È possibile un commento?
Porza (Svizzera)

Non se la prenda, caro Todaro. Quella di Edgardo Bartoli è una opinione, lui la vede così, vede Berlusconi «traballante sul suo malfermo trono»: cosa ci vuol fare? E cosa ci vuol fare se Peter Schiesser, il direttore di Azione, la vuol vedere come la vede Bartoli? Se non s’è preso la briga di saggiare la traballanza del Cavaliere e l’instabilità del trono? E poi, si metta nei panni di sir Edgar, com’era chiamato dai colleghi: deve scrivere (non è che gliel’ha ordinato il medico: trattasi di lavoro retribuito in franchi svizzeri, in «valuta» come s’usava dire un tempo leccandosi i baffi) per l’house organ di un supermercato, imbucandosi nel bel mezzo delle favolose offerte Migros, tra la margarina Balance e il balsamo idratante Pedic, tra le mutande Bamboo in viscosa di bambù e il frullatore Bamix made in Switzerland, tra il panno multiuso Miobrill e lo Sbrinz grattugiato a soli 2 franchi e 50. C’è mica da star allegri, e gli vuol anche togliere il piacere di fare dell’antiberlusconismo a prezzo saldo? Infliggergli la punizione di dover ammettere che il Berlusca, dato dai repubblicones (casta alla quale Bartoli appartenne) per spacciato, per cotto, per declinante, per già bello che «fora dai pe’» aveva invece vinto in prima persona per cappotto? Confermandosi quel mago della politica che è? Riducendo in briciole non solo la (gioiosa) macchina da guerra dei «sinceri democratici», ma anche la (tignosa) fronda interna di Fini commendator Gianfranco? Dovrebbe ammirarlo, sir Edgard, altro che. Ma dove lo trova un altro che abbia la baldanza intellettuale di affermare, foss’anche sul bollettino di una catena di supermercati, che l’unica verità emersa dalle regionali è che Berlusconi non conta più niente e che dunque il resto (solenne batosta della sinistra compresa) «non è che chiacchiericcio post-elettorale, a scopo consolatorio o a scopo intimidatorio»? Se c’è uno che non si fa intimidire questi è Edgardo Bartoli, caro Todaro.
Sa che cosa mi ricorda, l’analisi del risultato elettorale fatta da Edgardo Bartoli? Quella vicenda della storica gara fra Dwight Eisenhower e Josef Stalin i quali, un po’ per celia e un po’ per spirito patriottico, si sfidarono sulla lunghezza di duecento metri. Doveva restare una cosa in famiglia, ma si sa come vanno certe cose e il giorno stabilito ai bordi della pista si accalcava una turba di cronisti col taccuino in mano.

Al via (dato dall’allora Segretario generale dell’Onu Dag Hammarskjöld, capirà, noblesse oblige) Stalin prese il sopravvento, ma dopo una grintosa rimonta fu Ike a tagliare per primo il traguardo. Il giorno seguente, così titolava la Pravda: «Nella 200 metri Urss-Usa il compagno Stalin arriva secondo. Eisenhower penultimo».

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