Gli edicolanti prigionieri degli «ottagoni»

Gli edicolanti prigionieri degli «ottagoni»

Claudia Passa

Alla fine, dopo anni di tira e molla, trattative e bracci di ferro, gli edicolanti del centro han dovuto fare buon viso a cattivo gioco: adeguarsi al diktat dell’ottagono pur di non scomparire. Uniformare i punti vendita allo standard stabilito dal Comune di Roma e agli spazi assegnati, rassegnarsi alla continua peregrinazione cui sono loro malgrado sottoposti. Ma facendo quattro passi nel cuore della Capitale, conversando con quei signori nascosti dietro cataste di giornali che i romani hanno ormai imparato a considerare gente di famiglia, la sensazione diffusa è che la pazienza stia per finire. A quasi due anni dall’ultima delibera in materia, infatti, gli edicolanti del centro hanno iniziato a fare due conti e a tracciare un bilancio che a detta di molti è in netto ribasso. Non solo per la sensibile riduzione degli spazi seguita all’omologazione dei chioschi, non solo per i continui trasferimenti che incidono pesantemente sui giorni di attività e sul tasso di fidelizzazione dei clienti, ma anche per una normativa incomprensibile che dopo aver introdotto un modello estetico ha impedito che lo stesso venisse valorizzato.
Un esempio-limite degli «effetti collaterali» del piano di riassetto lo ha vissuto sulla propria pelle un edicolante dell’Esquilino. Nonostante sua moglie sia disabile, infatti, non ha ottenuto dall’amministrazione un metro in più di concessione, col risultato che la sua consorte non riesce a entrare nel chiosco con la carrozzina, e da quando l’«ottagono» è diventato legge non ha più potuto metter piede nell’edicola di suo marito. Ma non finisce qui: se è vero infatti che il Campidoglio s’è sobbarcato le spese di messa a norma e rifacimento dei marciapiedi, c’è da dire che i chioschi standard costano molto, e i tentativi di risparmiare vengono di fatto vanificati poiché nel Lazio una sola ditta è in grado di realizzare ottagoni di buona qualità, e per rivolgersi ad altri bisogna varcare i confini della nostra regione, moltiplicando le spese di trasporto.
«L’ottimizzazione della situazione nel centro è in fase di completamento – si consola Francesco Cenfra, responsabile nazionale della Fenagi Confesercenti -, ma ci sono divieti assurdi che ci penalizzano. Come il divieto di dotare i chioschi di portelloni esterni, che ci priva del 50% dello spazio espositivo potenziale, o l’impossibilità di installare tende che ci riparino da pioggia o vento. Addirittura è vietato mettere luci che rendano i chioschi notturni diversi dai buchi neri che sembrano…». Per il sindacato dei giornalai della Cgil adeguarsi all’ottagono è stata una condizione per sopravvivere. «Questa storia non comincia oggi, ma 15 anni fa – spiega una responsabile -. All’inizio degli anni ’90 tutti gli edicolanti del centro sono stati colpiti da ordinanze di rimozione, perché preesistevano al Codice della strada. Abbiamo dovuto adeguarci a una soluzione che ci permettesse di sopravvivere, anche in considerazione del fatto che il centro storico è pieno di vincoli. Ci siamo trovati davanti a un bivio: accettare per sopravvivere». Già, accettare per sopravvivere.

Ma ora molti edicolanti stanno iniziando a domandarsi se sia possibile sopravvivere così, con una perdita netta nella quantità di merce immagazzinabile a causa delle dimensioni dei chioschi. E sottoposti a un nomadismo che, qualora dovesse durare ancora a lungo, rischierebbe di mettere in crisi l’intero settore.

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