Carceri sovraffollate e detenuti stranieri

Nessun altro comparto dello Stato è esposto a un tale livello di rischio, violenza e abbandono

Carceri sovraffollate e detenuti stranieri
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Gentile Direttore Feltri,
ogni giorno, nelle carceri italiane, si registrano episodi di violenza contro gli agenti della polizia penitenziaria. Gli autori sono quasi sempre detenuti stranieri, in gran parte extracomunitari. L'ultimo caso, solo domenica scorsa, ha visto un detenuto del carcere di Secondigliano già noto per precedenti aggressioni dare fuoco alla cella e poi aggredire i poliziotti intervenuti.
Se dobbiamo parlare di rimpatri, perché non cominciare da qui? Perché non espellere subito quegli immigrati che popolano in massa le nostre prigioni e ne aggravano il degrado?

Simone

Caro Simone,
hai posto una questione tanto scomoda quanto reale. Il rimpatrio dei detenuti stranieri nei loro Paesi d'origine dovrebbe essere una priorità politica e un atto di buonsenso. Questo semplice gesto risolverebbe diversi problemi strutturali del nostro sistema penitenziario. In primo luogo, si alleggerirebbe il carico sulle spalle della polizia penitenziaria, costretta a operare in condizioni spesso inaccettabili. Il sindacato degli agenti denuncia da anni una situazione esplosiva: aggressioni continue, sovraffollamento, carenza di organico, turni massacranti. Nessun altro comparto dello Stato è esposto a un tale livello di rischio, violenza e abbandono. In secondo luogo, si favorirebbe quella funzione rieducativa che la Costituzione assegna al carcere. Ma che recupero può esserci in celle stipate, sporche, prive di strumenti, dove si vive come bestie? Nessuno. Il sovraffollamento è la prima causa del fallimento del sistema penitenziario, e i numeri parlano chiaro. Secondo gli ultimi dati del Dap (Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria), aggiornati al 31 maggio 2025, a fronte di una capienza regolamentare di 51.296 posti, i detenuti sono 62.761, di cui 19.810 stranieri. Basta un rapido calcolo: se questi soggetti fossero rimpatriati, il numero complessivo scenderebbe a 42.951, ben al di sotto del limite massimo. Le celle tornerebbero vivibili. Le condizioni igieniche migliorerebbero. Il clima interno sarebbe meno teso. E soprattutto si tornerebbe a distinguere tra chi ha diritto a stare in Italia e chi no. Ma c'è di più: ogni detenuto costa allo Stato 150 euro al giorno. Tradotto: quasi 3 milioni di euro al giorno per mantenere i soli detenuti stranieri, che diventano 90 milioni al mese, ovvero oltre un miliardo all'anno. Una cifra mostruosa, che potrebbe essere investita per migliorare le carceri stesse, assumere personale, attivare programmi di recupero, offrire condizioni più dignitose a chi davvero intende reinserirsi nella società. E invece continuiamo a finanziare il soggiorno carcerario di soggetti che, nella maggior parte dei casi, non dovrebbero neppure trovarsi sul nostro territorio. Non esiste alcun obbligo di mantenere chi ha violato la legge e i confini dello Stato. Il carcere non può diventare un centro d'accoglienza camuffato, né una zattera di permanenza gratuita per chi non intende rispettare le regole. Siamo un Paese civile? Bene.

Allora smettiamo di trattare con riguardo chi, della civiltà, si fa beffe ogni dì. E cominciamo a rispettare davvero chi porta la divisa, chi vive dentro le carceri per lavorare, chi crede ancora nella funzione della pena come occasione di rinascita.

Tutto il resto è ipocrisia.

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