Cronaca locale

«Edipo Re» diventa occasione per far rivivere l’antico teatro

Per portare in scena il dramma di Sofocle il regista Sonzogni ha studiato linguaggi particolari per ogni personaggio

Valentina Fontana

In tutte le traduzioni italiane dell'Edipo Re, in tutte le rappresentazioni della più famosa tragedia di Sofocle intravedeva sempre qualcosa che non lo convinceva, soprattutto per il testo di Edipo e del coro. Un che di aulico, forse troppo poetico per una lingua così concreta, così spigolosa e forte come il greco.
Per questo, per il suo nuovo Edipo Re - in scena al Sala Fontana fino al 12 marzo - il regista Fabio Sonzogni ha chiesto a Bianca Maria Mariano, ex docente della Cattolica, una traduzione ad hoc cercando di mantenere la forza, la concretezza della parola originale, quella parola che è oggetto di scena.
«Abbiamo evitato le parole usurate - precisa il regista - preferendo quelle generative di significato, quelle che sanno essere azione. Abbiamo fatto essere la parola, nel rispetto totale della possibilità che la parola possa vibrare. Così i cori diventano parole amplificate, voci fuori campo che si rincorrono affidate a due straordinari doppiatori, Gabriele Parrillo e Marco Mete».
E per far risuonare tutte le parole dell'Edipo Re Sonzogni ha scelto di lavorare con gli attori alla ricerca «di quei risuonatori intimi, originali, arcaici con l'uso del diaframma, il luogo del sapere supremo secondo i Greci».
Ecco l'Edipo Re di Sonzogni, aderente al testo originale greco, rispettoso della sublimità dell'opera classica, ma allo stesso tempo vicino all'orecchio e al gusto dello spettatore contemporaneo. Così la Mariano ha studiato per ogni personaggio un linguaggio appropriato: arcano per Tiresia, banale per Creonte, lucido e disperato per Giocasta, teso e vibrante per Edipo. E proprio qui, nella scelta del protagonista, risiede la novità della messinscena, quella più forse più forte e originale.
«La tragedia è ben nota - continua il regista -. Tebe, su cui si è abbattuto il castigo degli dei, è devastata dalla peste a causa di un antico misfatto, di cui la città non si è ancora purificata: l'uccisione del vecchio re Laio, rimasta impunita. Edipo, divenuto re dopo aver sposato la vedova di Laio, vuole conoscere la verità, ma arriverà alla scoperta che lui stesso fu l'inconsapevole autore dell'atroce delitto. Edipo, scoprendo di essere figlio di Laio e di aver sposato sua madre, inorridito si acceca. Così Edipo, da re sublime, diventa ultimo fra gli uomini, l'essere reietto, il miasma, il phaarmakos».
«Per rappresentare questa metamorfosi continua e inarrestabile dell'identità di Edipo - continua il regista - ho voluto in scena un attore particolare, Franco Pistoni. La sua fisicità, il senso tragico che si porta addosso, l'essere così magro, scavato, nodoso, corrispondono a una strabordante umanità. Franco rappresenta la caduta verticale di Edipo, il precipitare dentro lo specchio, superare il limite, abitare in un mondo altro, parallelo, dove la vista non serve più, dove serve lo sguardo, quello che ti permette di guardare dentro le cose, di oltrepassare l'apparenza, quello che ti fa scoprire la soluzione all'enigma».
Così l'Edipo Re va oltre il tempo, per poi ritornarci paradossalmente dentro. «Il naufragio di Edipo è la perdita del sé - chiosa Sonzogni - è la metamorfosi continua e inarrestabile della propria identità, è un tragitto alla fine del quale niente sarà più come prima.

Fare la regia dell'Edipo Re è stato come trovarsi su una lastra di cristallo sotto la quale s'intravedono fughe negli abissi dell'io e più oltre; questo mi è capitato, questo ho voluto raccontare».

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