di Gianni Gambarotta
Giuliano Zuccoli, presidente del consiglio di gestione di A2A e presidente di Edison, è un valtellinese dall’aspetto e dai modi un po’ ruvidi. Ma è anche uomo abile, di sottile intelligenza, che negli anni ha imparato a muoversi con disinvoltura nelle stanze dei vari palazzi, milanesi e romani. E nelle prossime settimane dovrà fare appello a tutte le sue capacità diplomatiche se vorrà uscire in positivo dallo scontro che ormai si sta nitidamente profilando per il controllo proprio della Edison, secondo produttore di energia italiano alle spalle dell’Enel. È uno scontro che, se si ha voglia di dare un po’ di spazio alla memoria storica, segna anche l’ultimo capitolo di una delle tante disfatte dello sgangherato capitalismo privato italiano.
La Edison è controllata con un sistema condominiale da A2A (l’ex municipalizzata milanese fusasi con la sua omologa bresciana) e dalla francese Edf, un colosso, tra i numeri uno mondiali nel settore, leader nel nucleare. È una governance sbilanciata da sempre, in fondo un pasticcio, un mostriciattolo. Che ha una madre certa: la Fiat.
Il gruppo torinese alla ricerca di investimenti in settori generatori di cassa, nel 2001 lanciò assieme all’Edf un’opa sulla Ferfin della famiglia Ferruzzi che controllava, tra le molte altre cose, la Edison, vero oggetto del desiderio del duo sabaudo-francese. Venne creata una scatola-contenitore del pacchetto di controllo della società elettrica partecipata da Fiat, Edf, Capitalia, Banca Intesa e dalla Tassara di Romain Zaleski, che proprio allora divenne un protagonista dalla scena finanziaria italiana.
La cosa non durò perché la Fiat, schiacciata da una delle sue ricorrenti crisi, dovette uscire. Edf avrebbe anche potuto subentrarle, ma questo avrebbe significato consegnare in mani francesi il secondo produttore italiano di energia. Ci fu una ventata di nazionalismo, nella partita entrarono i politici e si arrivò alla soluzione che resiste tuttora: Edison fa capo per il 62% a Transalpina; questa è posseduta metà per uno da Edf e da Delmi, la quale è un’altra scatola a sua volta controllata da A2A (51%) e altri. I soci hanno firmato dei patti per assicurare questa governance fino al 2011 e hanno assegnato la carica di presidente appunto a Zuccoli e quella di amministratore delegato a Umberto Quadrino, manager ex Fiat e voluto da Edf. Particolare importante: il gruppo francese, oltre alla sua quota in Transalpina, controlla direttamente anche il 19% di Edison. Dunque, facendo due calcoli si vede che i francesi hanno il 31 più il 19%, quindi sono i padroni. Piaccia o no.
Finora la coabitazione ha resistito non solo in ossequio ai patti sottoscritti, ma anche perché l’intreccio degli interessi italo-francesi nel campo energetico è complesso, a volte è stato apertamente di conflitto: non si dimentichi che venne sbarrata la strada all’Enel che voleva annettersi Suez; e non si dimentichi anche che per un breve periodo, prima che si inventasse la scatola Transalpina, i diritti di voto dei francesi in Edison vennero sterilizzati dal governo italiano. Quindi un comportamento troppo aggressivo di Edf con i partner italiani avrebbe provocato reazioni. Il presidente del colosso francese, Pierre Gadonneix, ha sempre evitato scelte arroganti. Ma ora la situazione è cambiata: domenica sera è stato annunciato che al posto di Gadonneix andrà Henri Proglio, finora numero uno di Veolia, leader mondiale del trattamento delle acque e dello smaltimento dei rifiuti, voluto da Nicolas Sarkozy. Diventerà operativo in novembre e bisognerà vedere se continuerà la linea del suo predecessore o se vorrà invece imprimere una svolta. Ma la situazione è cambiata anche perché, sempre più platealmente, le strategie dei due partner diventano divergenti. A2A vede in Edison il suo braccio internazionale, lo strumento per partecipare al business energetico anche fuori dall’Italia; all’opposto Edf, che ha presenze dirette e importanti in Germania, Inghilterra e altri Paesi, affida all’Edison una mission totalmente italiana. A questa divergenza, se ne aggiunge un’altra, tecnico-commerciale: A2A vorrebbe per sé il ruolo di distributore retail dell’energia prodotta da Edison, ma i francesi non sono d’accordo. C’è un altro punto ancora sul quale le visioni dei due soci sono incompatibili: quello del nucleare. L’Italia, attraverso l’Enel, si è appena accordata con i francesi per costruire quattro centrali atomiche. La scelta accordata alla tecnologia francese non è stata apprezzata dagli Stati Uniti e il governo, sensibile ai richiami di Washington, ha aperto la strada a un’altra alleanza, non alternativa ma aggiuntiva, con gli americani della Westinghouse. La parte italiana di questa ipotetica joint venture sarebbe affidata all’Eni. E Zuccoli, che ci tiene a non essere escluso, potrebbe avere un ruolo. Ma certo con A2A e assolutamente non con Edison, visto che lì ci sono i francesi concorrenti degli americani nella tecnologia nucleare.
Per tutte queste ragioni è difficile che la convivenza in Transalpina vada avanti a lungo, malgrado i patti scadano soltanto tra due anni. Oltretutto le tensioni si sono trasformate in rivalità personali e la coabitazione di Zuccoli e Quadrino diventa ogni giorno più problematica. Tutti sono convinti che si debba trovare una via d’uscita. Ma quale soluzione? Sul tappeto, teoricamente, ce ne sono diverse. La prima è quella che i francesi siano stanchi di questo logoramento italiano e decidano di uscire. Sembra però poco probabile: nella visione globale di Edf un mercato come quello italiano non è marginale; i francesi sono venuti per restare. Un’ipotesi opposta a questa e sostenuta da molti, vede invece i francesi prendere tutto il piatto: se si va davvero a uno scontro, saltano gli accordi e si scioglie Transalpina, Edf diventa direttamente titolare della maggioranza di Edison e deve lanciare un’opa sul resto del capitale. E a quel punto Zuccoli non potrà far altro che vendere. La terza ipotesi è che A2A esca da Delmi, monetizzando la sua quota, e al suo posto entri un altro socio italiano. Percorso difficile da seguire: in Italia non abbondano i capitali di rischio. Ne ha, per esempio, il gruppo Caltagirone, già presente nel business energia (è azionista della romana Acea). Ma fonti ufficiali hanno negato l’esistenza di un simile dossier. Certo potrebbero essere disponibili le banche. Si vedrà tra non molto quale ipotesi prevarrà e sicuramente bisognerà aspettare che diventi operativo il nuovo presidente Edf.
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