Editori uniti anti-bavaglio Un'accolita di ipocriti che grida alla censura

L’appello anti intercettazioni è pura militanza. Nel 2007 nessuno protestò per il decreto Mastella. Ora tutti si scagliano contro "i rischi per la libera informazione"

Editori uniti anti-bavaglio 
Un'accolita di ipocriti 
che grida alla censura

Gli appelli, per gli intellettuali, sono come le ciliegie. Irresistibili. Appena qualcuno ne lancia uno, con riflesso pavloviano scattano penna in pugno a sottoscriverli. E così è successo ieri, non appena un gruppo di editori ha ri-lanciato un appello «In difesa della libera informazione», identico a quello pre-lanciato lo scorso anno al Salone del Libro di Torino contro il ddl intercettazioni. Stessa materia di discussione, stesso governo in carica e quindi stesse urla scandalizzate.

E ieri, stesso cinema. Un minuto prima dell’apertura della Fiera di Francoforte, quando l’effetto sputtanamento mondiale è assicurato, un gruppo di editori coraggiosi (Marco Cassini e Daniele di Gennaro di minimum fax, Giuseppe e Alessandro Laterza, Stefano Mauri e Luigi Spagnol di GeMs, cioè il fior fiore della sinistra progressista radical snob, ovvero gli antiberlusconiani con la bava alla bocca) hanno gridato alla censura: «Aiuto, ci vogliono mettere il bavaglio!» (ma a chi? A minimum fax? Daì...).

«La maggioranza di governo sta per approvare in Parlamento una legge che vieta la pubblicazione delle intercettazioni disposte dai magistrati... La libera informazione e l’esercizio della critica dei cittadini sono un bene prezioso a cui gli editori tengono particolarmente visto che la libertà di conoscenza è sempre stata strettamente legata alla diffusione dei libri e alla realizzazione di una piena democrazia», recita l’appello. Che prima dei lanci di agenzia era già sull’homepage di Repubblica.it... Ora, a parte che la «piena democrazia», semmai, si gioca sul difficilissimo equilibrio fra libertà di informazione da una parte e tutela della privacy del cittadino dall’altra (un aspetto che i pasdaran del «Pubblichiamo tutto, sempre e subito», anche i contenuti delle intercettazioni penalmente irrilevanti, tendono a dimenticare)... E a parte il fatto che fra il minacciare il carcere per i giornalisti e il pubblicare indiscriminatamente qualsiasi carta esca dalle Procure c’è tutto lo spazio per una civile discussione senza per forza parlare di legge «fascista» come ha fatto l’Idv appena letto l’appello... A parte tutto questo, il manifesto degli editori pone un dubbio e una domanda. Il dubbio è che appelli come questo siano atti di militanza intellettuale, legittima se la si ammette ma ipocrita se si vuole fare “quelli che noi siamo super partes” (a Torino i medesimi Laterza, Mauri e Spagnol dissero che «la politica in questa cosa non c’entra nulla»... Sì, certo...). La domanda, invece, è: perché questi stessi editori non lanciarono un identico appello nel 2007 quando, nell’allora governo Prodi, si discuteva il decreto Mastella sulle intercettazioni, così simile all’attuale? Comunque, a Torino, aderirono in molti, ma non il colosso berlusconiano Mondadori-Einaudi, che dichiarò: «Nei nostri libri difendiamo già ogni giorno la libertà di espressione di tutti gli autori» (fra i quali tanti anti-berlusconiani che a Segrate pubblicano ciò che vogliono), tagliando così la testa alla polemica e le gambe alla sinistra, soprattutto dopo che Eugenio Scalfari commentò: «È un appello importante. Ma riconosco che sia Mondadori sia Einaudi non erano tenuti a firmarlo».

Ma forse aveva paura di giocarsi il Meridano (!) che gli sta preparando Mondadori. Mah... Per il resto, se il principio della libertà di informazione è sempre sacro, la sua difesa a volte - quando è strumentale - rischia di diventare, se non falsa, profana.

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