Roma

Edoardo Piscopo, un romano che sembra Andretti

Nella Formula Bmw Usa ha già collezionato due «pole», un secondo posto e una schiacciante vittoria

Michele Benso

Estate 1963: Mario Andretti vince la sua prima gara negli Stati Uniti a 23 anni, dopo essere emigrato dall’Italia nel 1959 in cerca di fortuna. Estate 2005: il 17enne Edoardo Piscopo, romano dell’Olgiata, vince la sua prima corsa nel campionato di Formula Bmw Usa. Con i dovuti paragoni la notizia è rimbalzata sulla sponda dei media europei, creando quell’effetto romantico che ci ha subito riportato alle vittorie dell’emigrante più famoso delle quattro ruote da competizione. Ma chi è invece Edoardo Piscopo? Dove è cresciuto? E soprattutto perché ha scelto di correre in America, quando grosso modo tutti i talenti del vecchio continente scelgono di gareggiare nei nostri confini nazionali per farsi le ossa e sperare di scalare la vetta della Formula 1?
«Ho scelto di correre lontano da casa e dalla famiglia - ha detto - perché è l’unico vero modo di maturare e intraprendere questa carriera col piglio del professionista. Questa esperienza mi sta facendo crescere in fretta perché riesco a concentrarmi al meglio su tutto quello che faccio sia in pista che fuori, senza le classiche pressioni che avrei vissuto in Italia».
Come dargli torto? Nei paddock del Belpaese sono quasi sempre gli stranieri ad imporsi, del resto, lasciando ai nostri driver solo le briciole … Segno evidente che forse le pressioni paterne (o materne) non sempre giovano alla carriera di un pilota. Eppure è proprio da papà Fabio che Piscopo ha ereditato l’amore per le competizioni motoristiche. «Sono innamorato delle macchine da corsa fin da bambino, perché seguivo sempre con passione mio padre nelle sue gare Superturismo». Logico il successivo passaggio di consegne, con Piscopo Jr. che comincia cinque anni fa la sua gavetta nel Karting, approdando con umiltà e sfrontatezza alle monoposto più in del panorama mondiale. «Ho passato quattro anni stupendi in cui sono riuscito ad emergere progressivamente dal regionale al nazionale, fino al quarto posto nel campionato europeo di categoria, poi bissato nell’Open Masters. Ma la giornata più bella è stata quella della vittoria nel Trofeo 1000 dollari di Ferrara, giunta dopo una durissima battaglia contro altri trenta irriducibili esperti delle quattro ruotine».
Dotato di un talento fuori del comune, Piscopo supera in scioltezza il corso federale Csai di Vallelunga. E poi? «Dopo aver svolto qualche test al volante di una F.Ford 1800 del Challenge Morrogh, ho frequentato la scuola Adac Bmw a Valencia insieme ad altri big del Karting internazionale. Lì è scoccata la scintilla e la decisione di optare per il monomarca tedesco negli Stati Uniti. Ho evitato la Formula Renault 2000 perché troppo potente per un giovane proveniente dal Karting a parere mio, preferisco andare per gradi cominciando con un ottimo 1.200 cc. (dotato di cambio sequenziale a sei marce e che sprigiona 140 cavalli di potenza per una velocità massima di 230 chilometri orari) evitando così pericolosi fallimenti».
La scelta ha pagato e anche in fretta, perché il biondo capitolino avrebbe dovuto fare solo esperienza, navigando quindi nel centro classifica da esordiente puro. E invece, dopo appena due gare di apprendistato, Piscopo ha collezionato due pole position, una piazza d’onore e una schiacciante vittoria in soli quattro round di campionato, che ne fanno di gran lunga il miglior rookie della stagione. Un rookie affamato di successi, intenzionato a prolungare la striscia vincente. Dopo la rimonta mozzafiato di Indianapolis e la vittoria a mani basse al Barber Park di Birmingham (Alabama), infatti, sembra aver trovato il bandolo della matassa sugli Speedway americani.
«Correre negli States è fantastico, ma il mio programma prevede il ritorno in Italia a fine stagione per preparare al meglio l’annata seguente. Disputerò le prossime due stagioni in Formula Renault; ora mi sento pronto per affrontare il campionato più duro d’Europa e vorrei tanto lasciare il segno, rompendo quel maledetto tabù che vede sempre i piloti italiani perdenti in patria. Poi spero si aprano le porte della GP2 e in futuro quelle della Formula Uno, anche se non escludo un ritorno negli States, chissà, magari nella Champ Car o nella Indy».

Proprio dove si consacrò la leggenda dell’oriundo Andretti.

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