La ragazzina scrive il tema con la penna tremante. Se va male, se fa qualche errore, se prende un brutto voto, a casa il papà la punisce. Ne sanno qualcosa anche la sorella di 8 anni e il fratello di 6: se arrivano insufficienze o se, comunque, si comportano male, puntuale arriva la punizione. Educazione rigida? Magari. Il problema è che il papà, evidentemente col consenso della mamma che non tenta mai di dissuaderlo, per far «crescere bene» i figli usa la cinghia. E i dettagli escono fuori spontanei dalla penna tremante della bambina che, per strappare un voto positivo ed evitare le cinghiate di rito, ha trasformato il compito d’italiano in un atto di denuncia che ha indotto il pm veneziano Lucia D’Alessandro ad aprire un’inchiesta per maltrattamenti e il Tribunale per i minori ad affidare i tre ragazzini a una struttura protetta.
Tutto avviene in una villetta del Nordest, costruita con i sacrifici del lavoro del capofamiglia, che fa il falegname, e con l’assistenza della moglie che gli fa da contabile. Storie di ordinario Veneto laborioso che improvvisamente si trasformano in ritorno al Medioevo.
La vicenda, come detto, esplode a scuola. La più grande, 12 anni, ha scritto sul tema il suo atto d’accusa, dopo che già in passato aveva già tentato di parlarne con altri insegnanti senza però essere creduta. Stavolta il tema ha lasciato di stucco la docente. Ha chiesto conferma all’alunna e poi si è sentita in dovere di denunciare il fatto alla magistratura.
A questo proposito il gip veneziano Antonio Liguori ha convocato i genitori e i ragazzini, assistiti da psicologi, per un incidente probatorio. Le risultanze dell’incontro, che potranno essere utilizzate come prova nell’inchiesta giudiziaria, hanno portato alla conferma del racconto fatto dalla bambina. Sia lei, sia la sorellina e il fratellino (sei e otto anni) hanno raccontato al giudice che, di fronte a un cinque rimediato a scuola, il papà era solito levarsi la cintura dai pantaloni e colpire più volte il colpevole di tale mancanza. Analoghi provvedimenti venivano adottati se la camera era lasciata in disordine o se non passavano l’aspirapolvere. E la mamma? La mamma, hanno risposto, non è mai intervenuta.
Mentre parlavano, i ragazzini hanno potuto essere ascoltati dai genitori, sistemati però in un’altra stanza onde evitare intuibili condizionamenti. Il «sistema educativo» andava avanti da anni e, come ha rivelato la ragazzina, un suo tentativo di denuncia alla maestra quando era alle elementari non ha avuto successo perché l’insegnante non le avrebbe creduto.
La conferma circostanziata delle accuse da parte delle tre piccole vittime ha invece convinto i magistrati, che come primo provvedimento precauzionale ne hanno disposto l’affidamento a una struttura protetta. I genitori, dal canto loro, sono rimasti esterrefatti, sconvolti. Presto presenteranno una memoria circostanziata in cui respingeranno ogni addebito e, davanti al tribunale dei minori, avrebbero già portato delle testimonianze di vicini e conoscenti per escludere ogni sospetto di violenza nei loro confronti. Ritengono il racconto dei bambini come inverosimile e frutto di fantasia.
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