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Egiziana strangola il figlioletto: «Un demone mi mangiava dentro»

La donna, arrivata sei mesi fa in città, non parlava una sola parola d’italiano: sempre chiusa in casa non era riuscita a integrarsi

da Milano
Non è riuscita a integrarsi nel nuovo mondo dove avrebbe dovuto trovare quel benessere tanto desiderato. E dopo sei mesi chiusa in casa, senza imparare una parola di italiano, i suoi nervi, evidentemente già scossi da tempo, hanno ceduto e ha strangolato il figlioletto di due anni. Ha lasciato il suo corpo per terra in salotto quindi ha atteso, seduta sul divano l’arrivo del marito.
Il dramma si è consumato in via Milano 7 a Cologno Monzese, paesone di 50mila abitanti alle porte di Milano, che sta disperatamente cercando di scrollarsi di dosso il peso di essere uno dei «dormitori» del capoluogo. Un arco consente il passaggio in un ampio cortile dove negli anni ’60 è sorto un decoroso condominio di otto piani. Qui nel 2000 arrivano i fratelli Elendowi, si stabiliscono in un appartamento al secondo piano, si regolarizzarsi, e si fanno subito fatti stimare per la loro laboriosità. In particolare Abdel Fatah, 41 anni, fa l’imbianchino e vien da tutti descritto come instancabile. «Era sempre sporco di vernice e sempre di corsa, perché doveva correre da un impegno all’altro, ma anche sorridente ed educato» racconta Donata Monacis, 56 anni, titolare del bar sotto casa.
Le cose per Abdel sembrano dunque andare per il verso giusto, si sposa una connazionale di 18 anni più giovane, che rimane in Egitto, dove il 31 agosto 2005 nasce Ammar, il suo primogenito. Un altro anno e mezzo poi corona il suo sogno di ricongiungere la famiglia. A gennaio il fratello si sistema da un’altra parte e arrivano finalmente Hanna e Ammar. Ma le cose non vanno bene. Lei è sempre in casa, non parla italiano e si rinchiude sempre più in se stessa. Rare le volte che i vicini vedono la vedono uscire, sempre con il velo che le copre il capo.
Appena un paio di giorni fa un segnale, forse non compreso, che le cose stanno precipitando. Abdel entra nel negozio di specialità nordafricane dietro l’angolo, dove lavora l’amico e connazionale Hani Lasaner, 31 anni. Questa volta, stranamente, l’imbianchino, chiede cibi già pronti. «Gli ho chiesto il motivo - racconta ora Lasaner - e lui mi ha risposto che la moglie non stava bene e per questo non riusciva a cucinare».
Ieri mattina il drammatico epilogo. Abdel rientra poco prima delle 13 per il pranzo e si trova davanti una scena orribile. Hanna è seduta priva di espressione sul divano, il piccolo è per terra, cianotico, con vistosi lividi sulla bocca e sul collo. Chiama il il 118 e i carabinieri. Vengono tentate tutte le pratiche rianimative ma ormai è troppo tardi. Marito e moglie vengono portati in caserma e interrogati. Abdel non sa spiegarsi cosa sia successo: la donna avrebbe infatti confessato l’infanticidio al marito.

Una confessione poi parzialmente confermata, visto il suo stato di grande agitazione, anche al capitano dei carabinieri di Sesto San Giovanni, Francesco Contiero, e al pm di Monza Alessandro Pepe che in serata ne ha disposto l’arresto. «Avevo un demone dentro che mi mangiava», ha detto agli investigatori.

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