Egoista e insensibile: uscire da questa Europa non è una bestemmia

L'appartenenza all'Unione si basa sull'idea di necessità reciproca, ma non può essere un alibi per far vincere gli interessi dei più forti

Egoista e insensibile: 
uscire da questa Europa  
non è una bestemmia

È davvero strano come un’idea che si è rivela­ta per molti versi un fallimento o quantome­n­o un vasto insuccesso sia protetta da radica­to tabù che rende difficile se non impossibi­le sottoporla a un serio vaglio critico. Parlia­mo ovviamente dell'idea di Europa e della sua ver­sione politica, la Ue, e di quella economica, l'euro.

In parte questo tabù è do­vuto al fatto che la sinistra italiana, dopo il tramonto delle ideologie, ne ha fat­to una sorta di fede sostitu­tiva: morta la lotta di clas­se si è aggrappata ai tratta­ti di Maastricht. Assieme a questo decisivo contraf­forte ideologico, l'Europa ha piantato radici nell'idea che l'Italia aveva bisogno di un vincolo esterno per non anda­re a rotoli: era la tesi di Guido Carli, convinto che senza una sferza europea adulta e autorevole il nostro Pa­ese sarebbe rimasto una specie di ragazzino scavezzacollo e combina guai.

Si tratta di attitudini di pensie­ro dure a morire che hanno sa­cr­alizzato la nostra appartenen­za all'Europa in modo anche più forte di un vincolo costitu­zionale. Così se l'europeismo è un dogma, chiunque lo metta in discussione è un eretico, de­gno di scomunica dal consesso civile. È un effetto che si vede be­ne nelle reazioni alle parole di Berlusconi a Lampedusa, peral­tro quasi lapalissiane: «O l'Euro­pa è una cosa vera e concreta o meglio dividersi».

Il presidente del Consiglio è stato trattato come un folle dal­la «grande» stampa e quella sua frase presa a controprova della sua scarsa lucidità. Al contrario Berlusconi ha detto una cosa molto semplice: se l'Europa è solo un guscio vuoto rischia di diventare un alibi all'ombra del quale Paesi più forti fanno pre­valere i loro interessi a detri­mento di quelli deboli. Ma inve­ce­di farlo in uno scontro in cam­po aperto, con la possibilità per tutti di scegliersi il terreno più fa­vorevole e le alleanze globali più utili, si è costretti a dar batta­glia nel sottobosco politico- lob­bistico di Bruxelles e dintorni.
Ieri si è sfogato anche il mini­stro Maroni dopo l'ennesimo «no»della Commissione ai per­m­essi temporanei per gli immi­grati tunisini: «Mi pare che se l'Europa è questa, francamente meglio soli che male accompa­gnati ».

Ma l'Europa è questa. Lo si è visto con la crisi dei debiti sovra­ni e della zona euro prima e nell' emergenza immigrazione dal Nord Africa poi: l'Europa non esiste se non nella gestione bu­rocratica di se stessa, ma nelle evenienze drammatiche e im­previste la soluzione «euro­pea » finisce col coincidere con l'interesse dei più forti. Così l'Europa ha fatto pagare ai con­tribuenti europei il debito gre­co per proteggere le banche te­desche invase di titoli tossici del governo ateniese e ora aiuta la Francia a chiudere le sue fron­tiere contro l'invasione tunisi­na.

Che non esista un politica eu­ropea è arrivato ad ammetterlo persino Romano Prodi, che per anni ne è stato una vestale: «È incredibile- l'ex presidente del­la Ue - vedere come l'Unione Europea sia del tutto imprepa­rata a favorire il cammino verso la democratizzazione (dei Pae­si arabi ndr ). Ci riempiamo la bocca di parole come libertà, di­ritti, democrazia e non abbia­mo nessuna politica pronta... È triste doversi accorgere che la politica estera europea non esi­ste ».

Quanto al famoso «vincolo esterno» ne ha fatto giustizia un economista come Paolo Savo­na: «L'Italia ha accettato il vin­colo europeo nella promessa di un futuro migliore che non si è realizzato; anzi stringe la corda attorno al collo che si è volonta­riamente posta. Se l'Italia deci­de­sse di uscire dall'euro essa at­traverserebbe certamente una grave crisi di adattamento, con danni immediati ma effetti salu­­tari, quelli che ci sono finora mancati: sostituirebbe infatti il poco dignitoso vincolo esterno con una diretta responsabilità di governo dei gruppi dirigenti. Si aprirebbe così la possibilità di sostituire a un sicuro declino un futuro migliore».

Anche la stampa europea, quella stessa che viene chiama­ta in causa ogni giorno a ripro­va del discredito del governo Berlusconi si è accorta che qual­co­sa non funziona più come do­vrebbe. «Incapaci di mettere a punto regole comuni per l'asilo ostili ad ogni condivisione del fardello, rifiutando di pensare che la pressione dei clandestini si esercita molto più su alcuni che non su altri, i 27 offrono la desolante immagine di un pote­re senza linea direttrice e senza risposta di fronte alle sfide di do­mani », ha scritto Le Monde del 9 aprile.

Mentre El Pais ha sen­tenziato: «L'Italia si è sentita - e a ragione - abbandonata dall' Europa».

Berlusconi e Maroni hanno solo colmato un vuoto e detto chiaramente che anche con l'Italia non si scherza.

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