Ermanno Olmi deve aver amato Calabuig, capolavoro di Luis Berlanga sceneggiato da Ennio Flaiano, se nel cinquantennale della sua uscita lo ripropone - mutatis mutandis - col titolo Centochiodi, mettendo un filosofo della religione (Raz Degan) al posto dello scienziato nucleare e la riviera del Po al posto della riviera catalana. Per il resto si scontrano ancora derive sociopolitiche ed esigenze personali.
Come lo scienziato di Berlanga, il filosofo di Olmi vuol ritirarsi dove si viva secondo tradizioni; come lo scienziato, il filosofo vedrà il suo sogno interrotto da persone in uniforme che lo portano via. Diverso da Calabuig è, nei Centochiodi, che il filosofo abbia sancito la fuga con una profanazione, ficcando appunto cento chiodi in cento grossi libri «pieni di verità» della biblioteca dell'istituto religioso dove insegna, «perché le religioni non hanno mai salvato il mondo», come recita lo slogan sui manifesti del film. Significativa ammissione per il regista del film su Giovanni XXIII, ...E venne un uomo.
Uscirà dunque il 30 marzo un altro film italiano, dopo In memoria di me, che pone questioni più serie di quelle sentimentali o sessuali. Saverio Costanzo la mette sul piano esistenziale; Olmi più su quello sociopolitico. E pensare che sembrava ormai che nessun regista l'avrebbe fatto... Forse proprio per sottolineare che tutti hanno esigenze spirituali, Olmi presenta il professore come «arrivato» (in cattedra a quarant'anni!) e benestante (si veda la sua auto). È dunque qualcuno che non è certo frustrato fin dalla nascita: lo frustra invece un presente nel segno della quantità anziché della qualità, questioni di fede - vedi integralismi e scontri di civiltà - incluse.
Davanti al preside, prete e motociclista (Bruno Tabacchi), anche Giovannino Guareschi poi sarebbe stato d'accordo nel fastidio del filosofo. E ciò colpisce in Olmi, che non avrebbe certo girato un film come questo fino al 1968, cioè quando ancora Guareschi era vivo. Non solo: lo sguardo di Olmi sul suo presente degli anni Cinquanta e Sessanta (si vedano Il posto e I fidanzati, dei capolavori) non era indulgente; ma nei Centochiodi aleggia la nostalgia guareschiana per l'Italia dei paesi, dove i campanili non erano solo l'edificio più alto...
Insomma, rispunta nei Centochiodi lo spirito dell'Albero degli zoccoli, trasferito dalla fine dell'Ottocento a oggi e dalle rive dell'Adda alle rive del Po. Dove i cattivi però sono nettamente separati: gli uni in campagna, gli altri in città. Con la speranza - si direbbe - che un giorno le campagne assedino le città, come pronosticava un noto politico.
Punti deboli di Centochiodi sono l'estetica da Mulino bianco e simbolismi - l'invasione del pesce siluro è l'avvento del turbocapitalismo? - sempre ardui da maneggiare. Ma nessuno è perfetto.
CENTOCHIODI di Ermanno Olmi (Italia, 2006), con Raz Degan, Luna Bendandi. 92minuti
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