nostro inviato a Montecarlo
«Ancora voi!? E basta, basta, datemi tregua. Ma che altro volete da me?». Le mail, dottor Garzelli. Quelle di cui lei ci ha parlato nella sua ultima intervista allorché riferì che anche la signora Elisabetta Tulliani intervenne personalmente nella ristrutturazione dell’immobile monegasco donato ad An dalla contessa Colleoni. Quelle che, nei fatti, smentirebbero la ricostruzione del compagno Gianfranco Fini che alla quarta delle otto (non) risposte sull’argomento disse di non aver mai saputo che il cognato era l’affittuario di quella stessa casa che proprio Giancarlo Tulliani nel 2008 gli aveva proposto di vendere a una società (la off-shore Printemps Ltd) che poi la rivendette a un’altra società offshore (la Timara Ltd) che per soli 1.600 euro, fra milioni di potenziali inquilini, casualmente individuò come affittuario proprio Tulliani. Fini ha sempre sostenuto che seppe dell’inquilino ingombrante perché glielo disse la sua fidanzata, sorella di quell’inquilino. Le mail che di buon mattino, con insistenza, nel suo ufficio di Place de Moulins chiediamo all’inferocito Luciano Garzelli, il più noto costruttore di Montecarlo, al vertice del colosso Engeco creato da Stefano Casiraghi ed oggi controllato dalla famiglia del Principe, se rese note potrebbero aprire una falla letale nella diga del silenzio eretta dal giovane Tulliani e cementata dal presidente della Camera. Perché a questo punto sarebbe difficile sostenere che solo Giancarlo, e non anche la sorella, si sia dato da fare a rimettere a nuovo l’appartamento all’insaputa del presidente della Camera. E per Fini sarebbe ulteriormente complicato affermare che, dopo aver appreso «con disappunto » dalla sua Elisabetta che in quell’appartamento c’era finito il cognatino, poi non sia stato messo al corrente proprio da Elisabetta che sia lei che il fratello si erano dati (o si stavano dando) da fare per rimetterlo a posto. E allora, per questo, siamo tornati alla carica. Signor Garzelli, allora, ce le dà queste mail? «Manco per sogno », sbotta l’interessato. «Le mail ci sono, ho fatto ovviamente una copia, il mio avvocato ha detto di consegnarle solo alla magistratura qualora dovessi essere chiamato». Facciamo presente all’imprenditore che i magistrati, per come si è messa l’inchiesta, difficilmente lo convocheranno: i pm puntano alla compravendita, non ai lavori. Il socio del Principe sembra però irremovibile. Azzardiamo una provocazione: «Così diranno che Garzelli dice ma non ha le prove». Apriti cielo. «Eh no, quanto vi ho detto è tutto vero e documentato. È vero che l’ambasciatore mi ha chiamato dicendo di dare una mano a questi Tulliani. È vero che ho ricevuto personalmente le telefonate dalla signora Elisabatta Tulliani, oltre che del fratello. È vero che mi sono inizialmente occupato dei lavori per l’immobile in Boulevard Charlotte e che poi ho sbolognato alla società Tecabat (dove lavorava il figlio Stefano, che al Giornale ha riferito della presenza continua di Tulliani nell’appartamento, quasi che «Tulliani e la Timara fossero un’unica cosa») perché mi ero stufato delle richieste dei Tulliani che volevano portare mobili, cucina, materiali dall’Italia». Lo provochiamo ancora. Ce le fa vedere oppure no? Esistono o non esistono queste mail? Apriti cielo. Garzelli si alza di scatto. Passa alla scrivania, smanetta sul computer e prende appunti. «Non esistono le mail? E allora ( legge sul pc ) il periodo iniziale è giugno 2009, vediamo... Eccone qui una. Mi scrive l’architetto romano delegato dalla signora Tulliani. Allora... Ecco, 25 giugno 2009. L’architetto fa presente che la signora Tulliani è d’accordo, mi dice di procedere col preventivo ad eccezione delle forniture». Forniture? «Sì, le forniture. Quello che vi ho già detto, e cioè le piastrelle, i rubinetti, i mobili, la famosa cucina. Tutta roba che i Tulliani insistevano a portare dall’Italia». Andiamo avanti. Garzelli fa presente un’altra data: 15 settembre 2009. «Vediamo... In questa mail l’architetto italiano della Tulliani scrive all’architetto Blanchi che su Monaco stava seguendo i lavori dentro casa, che il signor Tulliani ha inviato una mail sul progetto e che alla fine ha deciso per una delle soluzioni proposte. Poi c’è quella di ottobre... ». Data? «20 ottobre ». E che si dice? «L’architetto dice che la signora Tulliani ha avuto un ripensamento ». Che tipo di ripensamento? «Un secondo... Allora... che vuole eliminare il dressing (lo spogliatoio-armadio adiacente la camera da letto, ndr ), che vuole la camera da letto più grande e di conseguenza si dovrà rimpiccolire il bagno». Ci sono altre mail, ma Garzelli si ferma qui. Ci saluta e torna a lavorare: «Non voglio essere scortese ma che mi chiamino imagistrati, darò tutto il materiale e dirò tutto quel che so, a loro». Per un maggiore riscontro torniamo a disturbare l’architetto che secondo Garzelli lo avrebbe chiamatoecontattato via mail per conto della signora Tulliani. Il nome riportato nella mail corrisponde a quello di un architetto romano che già settimane fa avevamo contattato e che ha l’ufficio sotto il Gianicolo.
Alle nostre domande ci ha cortesemente risposto che lui non ne sapeva assolutamente niente di questa storia e che forse avevamo sbagliato persona. Alla luce delle nuove rivelazioni lo abbiamo contattato ancora, senza fortuna: il telefono, complice forse il fine settimana, ieri ha squillato a vuoto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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