Elisabetta si è occupata della ristrutturazione: la prova è nelle e-mail

Un architetto romano incaricato da Lady Fini dava indicazioni via posta elettronica al costruttore monegasco Luciano Garzelli. Il manager: "A giugno 2009 l’ok al preventivo dice che la signora è d’accordo". "Le loro richieste mi stufarono. Volevano portare cucina e materiali dall’Italia"

Elisabetta si è occupata della ristrutturazione: la prova è nelle e-mail

nostro inviato a Montecarlo

«Ancora voi!? E basta, basta, datemi tregua. Ma che altro volete da me?». Le mail, dottor Garzelli. Quelle di cui lei ci ha parlato nella sua ultima intervista allorché riferì che anche la signora Elisabetta Tul­liani intervenne personalmente nella ristrutturazione dell’immobi­le monegasco donato ad An dalla contessa Colleoni. Quelle che, nei fatti, smentirebbero la ricostruzio­ne del compagno Gianfranco Fini che alla quarta delle otto (non) ri­sposte sull’argomento disse di non aver mai saputo che il cognato era l’af­fittuario di quella stessa ca­sa che proprio Giancarlo Tulliani nel 2008 gli aveva proposto di vendere a una società (la off-shore Prin­temps Ltd) che poi la riven­dette a un’altra società off­shore (la Timara Ltd) che per soli 1.600 euro, fra milio­ni di potenziali inquilini, ca­sualmente individuò come affittuario proprio Tulliani. Fini ha sempre sostenuto che seppe dell’inquilino in­gombrante perché glielo dis­se la sua fidanzata, sorella di quell’inquilino. Le mail che di buon matti­no, con insistenza, nel suo ufficio di Place de Moulins chiediamo all’inferocito Lu­ciano Garzelli, il più noto co­­struttore di Montecarlo, al vertice del colosso Engeco creato da Stefano Casiraghi ed oggi controllato dalla fa­miglia del Principe, se rese note potrebbero aprire una falla letale nella diga del si­lenzio eretta dal giovane Tul­liani e cementata dal presi­dente della Camera. Perché a questo punto sarebbe diffi­cile sostenere che solo Gian­carlo, e non anche la sorella, si sia dato da fare a rimettere a nuovo l’appartamento al­l’insaputa del presidente della Camera. E per Fini sa­rebbe ulteriormente compli­cato affermare che, dopo aver appreso «con disappun­to » dalla sua Elisabetta che in quell’appartamento c’era finito il cognatino, poi non sia stato messo al corrente proprio da Elisabetta che sia lei che il fratello si erano dati (o si stavano dando) da fare per rimetterlo a posto. E allora, per questo, siamo tornati alla carica. Signor Garzelli, allora, ce le dà que­ste mail? «Manco per so­gno », sbotta l’interessato. «Le mail ci sono, ho fatto ov­viamente una copia, il mio avvocato ha detto di conse­gnarle solo alla magistratu­ra qualora dovessi essere chiamato». Facciamo pre­sente all’imprenditore che i magistrati, per come si è messa l’inchiesta, difficil­mente lo convocheranno: i pm puntano alla compra­vendita, non ai lavori. Il so­cio del Principe sembra pe­rò irremovibile. Azzardia­mo una provocazione: «Co­sì diranno che Garzelli dice ma non ha le prove». Apriti cielo. «Eh no, quanto vi ho detto è tutto vero e docu­mentato. È vero che l’amba­sciatore mi ha chiamato di­cendo di dare una mano a questi Tulliani. È vero che ho ricevuto personalmente le telefonate dalla signora Elisabatta Tulliani, oltre che del fratello. È vero che mi so­no inizialmente occupato dei lavori per l’immobile in Boulevard Charlotte e che poi ho sbolognato alla socie­tà Tecabat (dove lavorava il figlio Stefano, che al Giorna­le ha riferito della presenza continua di Tulliani nell’ap­partamento, quasi che «Tul­liani e la Timara fossero un’unica cosa») perché mi ero stufato delle richieste dei Tulliani che volevano portare mobili, cucina, ma­teriali dall’Italia». Lo provo­chiamo ancora. Ce le fa vede­re oppure no? Esistono o non esistono queste mail? Apriti cielo. Garzelli si alza di scatto. Passa alla scriva­nia, smanetta sul computer e prende appunti. «Non esi­stono le mail? E allora ( legge sul pc ) il periodo iniziale è giugno 2009, vediamo... Ec­cone qui una. Mi scrive l’ar­chitetto romano delegato dalla signora Tulliani. Allo­ra... Ecco, 25 giugno 2009. L’architetto fa presente che la signora Tulliani è d’accor­do, mi dice di procedere col preventivo ad eccezione del­le forniture». Forniture? «Sì, le forniture. Quello che vi ho già detto, e cioè le piastrelle, i rubinetti, i mobili, la famo­sa cucina. Tutta roba che i Tulliani insistevano a porta­re dall’Italia». Andiamo avanti. Garzelli fa presente un’altra data: 15 settembre 2009. «Vediamo... In questa mail l’architetto italiano del­la Tulliani scrive all’architet­to Blanchi che su Monaco stava seguendo i lavori den­tro casa, che il signor Tullia­ni ha inviato una mail sul progetto e che alla fine ha de­ciso per una delle soluzioni proposte. Poi c’è quella di ot­tobre... ». Data? «20 otto­bre ». E che si dice? «L’archi­tetto dice che la signora Tul­liani ha avuto un ripensa­mento ». Che tipo di ripensa­mento? «Un secondo... Allo­ra... che vuole eliminare il dressing (lo spogliatoio-ar­madio adiacente la camera da letto, ndr ), che vuole la ca­mera da letto più grande e di conseguenza si dovrà rim­piccolire il bagno». Ci sono altre mail, ma Garzelli si fer­ma qui. Ci saluta e torna a la­vorare: «Non voglio essere scortese ma che mi chiami­no imagistrati, darò tutto il materiale e dirò tutto quel che so, a loro». Per un maggiore riscontro torniamo a disturbare l’ar­chitetto che secondo Garzel­li lo avrebbe chiamatoecon­t­attato via mail per conto del­la signora Tulliani. Il nome riportato nella mail corri­sponde a quello di un archi­tetto romano che già setti­mane fa avevamo contatta­to e che ha l’ufficio sotto il Gianicolo.

Alle nostre do­mande ci ha cortesemente ri­sposto che lui non ne sapeva assolutamente niente di questa storia e che forse ave­vamo sbagliato persona. Al­la luce delle nuove rivelazio­ni lo abbiamo contattato an­cora, senza fortuna: il telefo­no, complice forse il fine set­timana, ieri ha squillato a vuoto.

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