Elitaria e fredda La Biennale è servita

E litaria, classica, fredda. Dalle parole di Bice Curiger, direttrice della prossima edizione della Biennale d’Arte di Venezia, la cui inaugurazione è fissata dall’1 al 3 giugno con apertura al pubblico il 4 e chiusura il 27 novembre, emerge un’edizione ancor meno popolare delle precedenti, termine che proprio non piace alla Curiger, in linea quindi con la tendenza dominante: l’arte contemporanea è affare di pochi. C’è da scommettere, profondo sarà il solco tra ILLUMInazioni (questo il titolo della mostra) e il Padiglione Italia di Vittorio Sgarbi, ma forse le due proposte talmente distanti si compenetreranno in un unicum che il pubblico apprezzerà.
Confermata l’indiscrezione di cominciare con il maestro veneziano Tintoretto (allora è vero, l’arte contemporanea non esiste?), tra gli 82 artisti invitati spicca la presenza dei giovani (32 sono nati dopo il 1975) e delle donne (32 pure loro). Non si possono contare invece i numerosissimi eventi collaterali, partecipazioni nazionali fuori sede, parapadiglioni, seminari, workshop, concorsi e consimilia, che renderanno al solito la kermesse lagunare una maratona per instancabili. A proposito di Stati, i recenti fatti del Maghreb stanno facendo saltare diverse presenze abituali: non sarà rappresentata buona parte dell’Africa mediterranea, né l’Egitto né il Barhein.
Abbastanza estesa la pattuglia italiana, segno di un’inversione di tendenza in atto dal 2009 che finalmente considera il nostro Paese all’altezza degli altri: Andreatta Calò, Angioletti, Benassi, Francesconi, Norma Jeane, Piscitelli, Senatore più due omaggi al padre del cinetismo Gianni Colombo e al fotografo Luigi Ghirri. L’ambito di riflessione è strettamente concettuale, tecniche «tradizionali» come pittura o scultura ancora una volta marginali. Non sarà inoltre una Biennale di star ma incentrata su nomi solidi e concreti, come i fotografi Goldblatt e Sherman, i minimalisti Trockel e Turrell, il pittore tedesco Polke scomparso lo scorso anno. Chi cerca colpi di teatro e provocazioni, probabilmente resterà deluso, a parte forse il collettivo austriaco Gelitin che uno scherzo a sorpresa potrebbe combinarlo. E poi, come sempre, lo sguardo è sul mondo intero, dalla Cina al Nord Europa, da Israele al Messico.
Nella tradizionale conferenza stampa di presentazione ieri nella sede del Ministero dei Beni Culturali a Roma, l’argomento principale non è sembrato tanto la mostra (che costa 13 milioni di euro) quanto le ristrettezze economiche dovute ai tagli.

Più del presidente Paolo Baratta è sembrato preoccupato il sottosegretario Francesco Giro, dichiarando senza mezzi termini che i nuovi tagli alla cultura sono devastanti e che sarà necessario appellarsi direttamente al presidente Berlusconi, più sensibile su questi temi del ministro Tremonti. Il conto alla rovescia è iniziato, portandosi dietro le consuete scaramucce. D’altra parte se non c’è polemica non c’è Biennale.

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