nostro inviato a Bari
Nel giorno in cui i suoi ex colleghi magistrati allargavano a politici nazionali della sinistra l’inchiesta su prostitute e tangenti nella sanità pugliese, Michele Emiliano, sindaco di Bari e coordinatore regionale del Pd, ha scavato un fossato tra sé e Massimo D'Alema.
C’è un collegamento una presa di distanze così netta e la piega delle indagini?
«È una coincidenza, anche se ormai il distacco era inevitabile».
«D’Alema è padre politico del Pd e del centrosinistra della Puglia, ma noi vogliamo camminare con le nostre gambe»: sono parole sue.
«D’Alema è una delle figure politiche più rilevanti nella storia recente d’Italia. È stato uno straordinario ministro degli Esteri nel debole governo Prodi e la Puglia gli deve tantissimo. Però... ».
Però cosa?
«Arriva il momento in cui una regione esprime le sue leadership e comincia a camminare con le proprie gambe. Mi spiace solo che questo passaggio avvenga con una contrapposizione, sia pure amichevole, tra la mozione regionale di D’Alema, che presenta come candidato Sergio Blasi, e la mozione del tutto autonoma dalle correnti come è la mia».
Perché questa decisione di rottura?
«Era l’unica maniera per cominciare un percorso nuovo».
È una critica alla gestione dei dalemiani?
«In Puglia, anche laddove non dovessero esserci reati, sono comunque accaduti fatti che non intendo ignorare e rispetto ai quali non intendo far finta di nulla. Come me, moltissimi militanti del partito vogliono un netto cambio di concezione della politica».
Lei parla della gestione clientelare della sanità, dei rapporti con Giampaolo Tarantini, dei festini, delle escort...
«D’Alema non è direttamente responsabile della caduta di stile o della caduta morale di singoli esponenti del Pd, però obiettivamente queste persone finiscono per raccogliersi attorno alla sua mozione».
A chi si riferisce?
«Tedesco, Frisullo, Russo e molti altri soggetti che in questo momento sono sotto attenzione giudiziaria, sono supporter di Blasi».
Non hanno ritenuto di fare un passo indietro?
«Non so come si metteranno le cose. Quel che è sicuro è che queste persone sono grandi elettori del candidato dalemiano alla segreteria regionale del Pd. Se in Puglia siamo stati indotti a una decisione così fortemente autonomista, è dipeso anche dal fatto che occorreva una scelta chiara».
Una scelta tra quali alternative?
«Ciascuno di noi deve dire se sta dalla parte di chi alle volte si distrae e si comporta in modo come minimo imprudente, o invece di chi si impegna non solo a comportarsi bene ma anche ad apparire come una persona per bene, e quindi ha un atteggiamento pubblico cauto e sobrio».
Anche D’Alema è imprudente, incauto e poco sobrio?
«D’Alema soffre molti danni dai comportamenti di alcune persone che fanno riferimento a lui e avrebbero fatto meglio a essere più prudenti nelle condotte pubbliche e private. Credo sia anche il suo stesso giudizio».
I magistrati hanno acquisito i bilanci del Pd e anche della lista Emiliano. È preoccupato?
«Il Pd in Puglia è un partito povero».
Nel senso che non ha soldi?
«Non ne ha bisogno perché non ha debiti. È un partito sobrio, che abbiamo gestito con il denaro venuto soprattutto dai contributi dei deputati e dei consiglieri regionali. Siamo al di sopra di ogni sospetto».
Quindi lei non è nervoso per l’inchiesta come il governatore Vendola.
«Il mio tesoriere è il senatore Rosa Stanisci, che da sindaco di San Vito dei Normanni fu tra i leader del movimento anti-racket, una donna di una integrità morale assoluta. Questo non significa che non possa essere accaduto qualcosa a opera di altri, estranei alla segreteria e alla tesoreria del partito».
E la gestione precedente alla nascita del Pd? Le indagini risalgono fino al 2005.
«Come faccio? Il Pd è nato il 14 ottobre 2007, quel giorno si sono incontrate persone che in molti casi non si erano mai viste prima.
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