Da poeta a pittore. Da scrittore a critico darte. Così Emilio Tadini è diventato una testimonianza viva e critica del sociale con un occhio di riguardo allestetica e ai sentimenti.
«Guardare i grandi quadri, vedere la pittura, nutrirsene, vuole dire imparare a considerare questo rapporto tra concetto astratto, vista, immagine che materialmente si dà. Perdere unillustrazione passi ma la parola dice qualcosa». Sappiamo benissimo che locchio della pittura in ogni attività intellettuale e critica può rappresentare un rinnovamento sia individuale che sociale. Era su queste indagini sul mondo della ragione che Emilio Tadini aveva impostato la sua arte e la sua esistenza. Seguendo questo filone, il gallerista Giorgio Marconi e suo figlio Giò hanno voluto ricordare cinquantanni di produzione artistica con una mostra dal titolo «Emilio Tadini 1960-1985. Locchio della pittura» - che si inaugura martedì 30 ottobre - divisa tra la sede della Fondazioni Marconi di via Tadino 15, la Fondazione Mudima e la Sala Napoleonica dellAccademia di Brera, dove è esposta una tela di 8 metri del 1978 a suo tempo regalata dallartista milanese, scomparso nel 2002, alluniversità di Parma.
La grande retrospettiva (da segnalare che nel 2009 è in programma una seconda grande mostra antologica, relativa al periodo 1985-2002) è accompagnata da un catalogo di 304 pagine edito da Skira con tavole a colori introdotto da una serie di testi critici riguardanti lopera di Emilio Tadini, dagli inizi fino al 1985, firmati dal curatore Vittorio Fagone, Gillo Dorfles, Umberto Eco e dallo stesso Giorgio Marconi, amico e gallerista da sempre dellartista.
Maurizio Fagiolo DellArco aveva definito la sua arte «Pittura letteraria. Tadini viene buon terzo dopo Victor Hugo e Savinio. Come Hugo è cultore della tecnica, come Savinio crede nelle magnifiche sorti del super-realismo». Con le ultime tele possiamo comprendere come la sua fosse una pittura che crescesse a cicli, proprio come nei romanzi a puntate. La sua arte Tadini laveva iniziata a trasmettere ai suoi figli ancora ragazzi, Francesco e Michele, con una pazienza e un amore infinito, lo stesso amore con il quale diventava illustratore arguto dei suoi paesaggi e delle sue stanze popolate da figure capovolte, topi, tavoli, burattini, uomini, bicchieri, pennelli, soldati, cappelli, carretti, sculture con un occhio sempre rivolto a De Chirico: acrilici su tela tutti di grande formato.
Alla Fondazione di via Tadino, invece, saranno invece esposte le opere dal 1965 al 1975; un percorso che parte con «Le vacanze inquiete» e «La famiglia irreale dEuropa», dove il clima è sempre fantastico e surreale e le figure diventano plastiche a conclusione di un discorso mentale ma non prettamente concettuale. Seguono «La vita di Voltaire», «Circuito Chiuso», «Color&Co..» e «Luomo dellorganizzazione». In unaltra fase il linguaggio pittorico è ispirato alla Pop Art, al ciclo di Malevic, forme geometriche del suprematismo, tra caos e angoscia.
Alla Fondazione Marconi, infine, sono esposte le opere realizzate tra il 1975 e il 1985 e il testo diventa il protagonista di molte delle tele esposte con uno stretto rapporto tra penna e pennello.
Emilio Tadini, 1960-85: Locchio della pittura
Fondazione Marconi, Fondazione Mudina e Accademia di Brera
Fino al 30 novembre
Per informazioni: 02-29409633
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.