MilanoÈ il tipico caso della cornice che si mangia il quadro. Una cornice appetitosa, del resto. Fatta di personaggi e situazioni che si prestano allattenzione mediatica. In breve, accade che della Carmen oggi alla Scala tutto ruoti attorno alla regia, che sannuncia eversiva, firmata da Emma Dante, nota per laudacia visionaria delle scelte artistiche. Si fa poi leva sullistrionica presenza del direttore dorchestra Daniel Barenboim, sul lancio del giovane soprano nel ruolo di Carmen, cè poi un gran parlare attorno al giallo della febbre del tenore Jonas Kaufmann che ha disertato lanteprima ma pare esserci questoggi. Una Carmen, o meglio, i fermenti attorno a questopera, che sbarcano in tv, addirittura in prima serata, per uno speciale di Che tempo che fa. Carmen che fra i velluti del Piermarini viene salutata con un ispanico «Olé» da giovanotti e fanciulle in fiore, i primi a sdoganarla, venerdì, nel corso di unanteprima che intende bilanciare la tradizionale esclusività della prima ufficiale.
Emma Dante, come è suo costume, non lha mandato a dire. Ha dichiarato che non ha disegnato la Carmen che uno saspetta. Ed è già partito il totoscommesse sul grado di apprezzamento da parte del pubblico per questa Carmen che, nelle note di regia, la Dante definisce «martire contemporanea di un paese bigotto». Ormai da un mese si inseguono indiscrezioni intorno alla regia. È stato un inseguirsi isterico di smentite e conferme. Tra le conferme, la presenza del famoso stupro: chiaro e netto, in coda allopera.
La Dante è autrice di un teatro dalla grande forza espressiva. È la regista di Carnezzeria e Le Pulle, espressione di storie di famiglie di carne da macello, di spettacoli ambientati in bordelli. Il suo è un teatro di ricerca che è laboratorio di tipi umani, dove la poesia si sposa allimpegno civile. Non ha mai lavorato allopera questartista di Palermo, tanto che Stéphane Lissner, sovrintendente della Scala, ammette che ha dovuto insistere per portarla a Milano. Pare che la Dante sia poi stata folgorata dallincontro con Barenboim, e conoscendone listrionismo e carisma le crediamo. Così sè buttata a capofitto in questo lavoro. Ha portato con sé trenta attori della sua compagnia, più quattro stretti collaboratori, marito compreso, ha lavorato gomito a gomito con Barenboim senza perdersi anche le prove musicali. Perché la musica è stata la guida di questa sua regia, spiega. Musica da un lato, debutto nel genere teatral-musicale dallaltro, più lingresso nel tempio sacro della lirica, tutti fattori che andranno a contenere i gesti estremi del teatro alla Dante.
Che però sempre Dante è. Quindi la sua è una Carmen senza (particolare) vergogna. «Fa paura a tutti, alla Chiesa e alla società», dice. E ancora, «in un Paese fortemente influenzato dalla Chiesa cattolica vive una Carmen laica, in assoluta autonomia e indipendenza». Larredo sacro che sta in scena è un tentativo di conversione, non riuscito. Insomma, un po di carne al fuoco per i fondamentalisti della tradizione cè. Però la Dante la butta sullo scaramantico. La vedremo questoggi in un abito di Leila Hafzi, stilista norvegese di origine persiana. Labito raffigura un rapace che spicca il volo verso lalto.
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