Economia

Eni punta a un’Opa sull’inglese Burren

Scaroni vuole il gruppo presente in Congo e Turkmenistan. Prezzo: oltre le 12 sterline per azione Kazakistan, la trattativa accelera

da Milano

Lunedì prossimo partiranno veramente i giochi tra il consorzio internazionale guidato dall’Eni e il governo del Kazakistan per il maxi-giacimento di Kashagan, ma intanto per l’ad Paolo Scaroni si apre un nuovo fronte: quello dell’inglese Burren Energy, un gruppo petrolifero specializzato nell’esplorazione e produzione, presente soprattutto nel Congo Brazza e in Turkmenistan, oltre che in Egitto e Yemen, che l’Eni vorrebbe acquistare.
Cominciamo dalla Burren. Piccola cosa se si guardano le cifre: produce 35mila barili di olio al giorno contro il milione e 700mila barili dell’Eni. Ma è interessante proprio perchè opera in Congo e, in seconda battuta, in Turkmenistan. Eni è presente in Congo dal ’68, in quel paese nel 2006 ha avuto una produzione di 67mila barili al giorno; nel febbraio di quest’anno ha rilevato gli asset della Maurel & Prom e ha girato alla Burren una partecipazione del 5,5%. Un’integrazione della società inglese avrebbe così senso.
Così l’Eni si è fatta avanti con i vertici inglesi proponendo un’offerta a 1050 pence per azione, che rappresentano un premio del 29% sulla media degli ultimi tre mesi prima della data della proposta. E che il cda Burren ha respinto il 28 settembre, ritenendola inadeguata. Ieri l’Autorità di vigilanza britannica ha chiesto chiarimenti, costringendo l’Eni a venire allo scoperto. Fonti vicine al gruppo italiano sostengono un’Opa ostile è improbabile, si punta invece ad un accordo a prezzi che possano soddisfare entrambe le parti. Secondo Dresdner Kleinworth un prezzo accettabile potrebbe essere intorno alle 13 sterline, con un massimo di 14. La Borsa di Londra ha immediatamente fiutato il vento e ieri il titolo Burren è salito del 27,98% a 1,180 pence. Eni ha guadagnato l’1,24% a 26,23 euro. I colloqui intanto continuano. Un comunicato Eni afferma che «non c’è alcuna certezza che sarà promossa un’offerta». L’importante è trovare un’intesa sul prezzo: per arrivarci l’Eni ha chiesto di «svolgere una limitata attività di due diligence».
Quanto a Kashagan, le cose sembrano aver subìto un’accelerazione con la visita ufficiale di Prodi e Scaroni ad Astana. Il ministro dell’Energia kazako, Sauat Mynbayev, ha detto: «Abbiamo formulato delle domande. Si tratta di una piattaforma per la discussione. Saranno discusse molto attivamente la prossima settimana a partire da lunedì. La principale richiesta è di ripristinare l’equilibrio degli interessi economici». In sostanza Astana insiste perchè la sua società statale KazMunaiGaz diventi co-operatore e chiede un risarcimento in miliardi di dollari per i ritardi nell’avvio della produzione petrolifera. Ma i toni si sono fatti più concilianti: «Andiamo velocemente verso un’intesa» ha detto Scaroni, mentre Prodi ha sollecitato l’Eni ad accelerare nello sfruttamento del giacimento: «Più in fretta si fa, meglio è». E anche i kazaki ormai parlano di discussione e hanno abbandonato le minacce. Quello di Kashagan è il più grosso giacimento scoperto negli ultimi decenni e tra i primi 5 nel mondo.

Ma è anche molto profondo, in una regione del clima infernale e pieno di gas velenosi.

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