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Cos'è post.news, il social tutto notizie e micro-abbonamenti

La nuova piattaforma nasce nel momento di maggiore debolezza di Twitter e punta su informazione di qualità e confronto civile. Ecco cosa sappiamo di post.news

Cos’è post.news, il social tutto notizie e micro-abbonamenti
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Sta succedendo qualcosa di interessante nel panorama delle piattaforme sociali. Qualcosa di particolare che risponde al nome di post.news (o, più semplicemente Post) e di cui si sa molto poco, perché è nella fase beta e non accetta iscrizioni ma soltanto prenotazioni.

Molti media lo descrivono contro l’anti Twitter ma, in un mercato che coinvolge miliardi di persone (Facebook conta 2,91 miliardi di utenti attivi), cercare un “anti-qualcosa” sembra assurdo, tant’è che impera la comunicazione multicanale e, tanto le persone quanto le aziende, non disdegnano essere presenti su più piattaforme contemporaneamente.

Anti Twitter o no, post.news è stata fondata da Noam Bardin, ex amministratore delegato di Waze, l’app per la navigazione stradale acquistata da Google nel 2013 per la cifra di 1,2 miliardi di dollari (1,14 miliardi di euro al cambio attuale) e annovera, tra i finanziatori, il fondo Andreessen Horowitz noto per avere creduto fino dagli albori in Facebook, in Instagram e in Pinterest (solo per citare alcune piattaforme note a tutti).

Cosa è post.news

Chi ha avuto modo di provarla la descrive come simile a Twitter, dice Repubblica.it, priva però della possibilità di pubblicare immagini o di inviare messaggi diretti. Tutte informazioni di relativa importanza perché si tratta di una versione beta e perché lo scopo principale che si prefigge lascia intendere che il cantiere è ancora aperto.

La vera rivoluzione sta nello scopo di post.news, che si prefigge di valorizzare l’informazione di qualità permettendo agli utenti di acquistare singole notizie. Una rivoluzione di cui si parla da tempo, spesso facendo riferimento ai micro-abbonamenti che l’editoria non sembra mai avere preso in seria considerazione, pure non chiudendo mai definitivamente le porte all’argomento, limitandosi a osservarne l’evoluzione. Con la piattaforma di Bardin, la fase di osservazione può terminare, favorendo i fatti alle riflessioni.

Il paragone con il mercato musicale è persino scontato ma, vale la pena ricordarlo, le major hanno impiegato tempo prima di digerire l’idea di permettere ai clienti l’acquisto di uno o più brani singoli senza dovere comprare un intero album e, seppure con le dovute differenze, ora tocca agli editori di quotidiani fare il salto e permettere ai lettori di comprare singoli articoli invece che sottoscrivere abbonamenti mensili o annuali. Una sorta di “pay per read”, un sistema già provato in precedenza con scarsi risultati ma ora reso più social e moderato. Questa, ovviamente, è l'idea di post.news e occorre vedere come reagirà il fronte dell'editoria.

Cosa sappiamo finora

Chi ha provato la piattaforma ha pareri discordanti ma occorre tenere conto delle parole di Bardin, convinto che il giornale del futuro debba essere facilmente accessibile per gli utenti e redditizio per gli editori. Se poi le notizie acquistate possono essere discusse in un ambiente costruttivo e moderato, allora a goderne saranno tutte le parti coinvolte, siano questi editori, giornalisti oppure lettori.

Ancora non si sa come farà la piattaforma a mantenere l’ambiente di confronto calmo e rispettoso ma, stando alle parole di Bardin, l’intenzione di post.news è quella di dare voce a chi non vuole cedere agli estremismi. Come a dire che gli estremisti trovano facilmente piattaforme da usare mentre gli animi più pacati non hanno un posto virtuale nel quale incontrarsi.

Va aggiunto anche che, nel momento di debolezza che sta attraversando Twitter, l’idea di Bardin assume un aspetto ancora più invitante.

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