
«Io sono tuo padre», dice Darth Vader nella scena più famosa della storia del cinema. «No, non sei mio padre», risponde un giovane Luke, che stavolta non è Luke e d’altra parte neppure Darth Vader è Darth Vader, sono entrambi versioni fake generate con l’AI, con lo sfondo sbagliato, i pixel un po’ spappolati sul bordo dell’elmetto, e un copyright ancora più confuso della parentela.
Ecco, siamo già arrivati qui. Disney e Universal hanno deciso che è il momento di smettere di fare finta di niente e hanno portato Midjourney in tribunale, perché una cosa è giocare, un’altra è costruire un mercato da centinaia di milioni copiando personaggi iconici con un click.
Tanto prima o poi ci si doveva arrivare e ci siamo arrivati, meno male, e sarà solo la prima di tante altre, perché era ovvio che a un certo momento qualcuno avrebbe alzato la mano per dire che il copyright non è un optional nemmeno nell’era delle immagini generate a comando, con un prompt. Stavolta a farlo sono Disney e Universal, le quali hanno deciso di portare in tribunale Midjourney, la più nota startup di intelligenza artificiale che genera immagini da descrizioni testuali e ormai diventata, come dicono i legali delle major, un pozzo senza fondo di copyright violato.
Un po’ di storia: Midjourney, fondata nel 2022, era una piccola community di smanettoni (ormai, con i tempi che corrono, e corrono velocissimi, bisogna usare il passato remoto anche per una cosa creata l’altro ieri), oggi è una macchina da 300 milioni di dollari l’anno, vende abbonamenti, permette a chiunque di generare immagini di ogni tipo e da mesi era nel mirino delle grandi case di produzione, che adesso hanno deciso di passare ai fatti: centodieci pagine di accuse, immagini prodotte dall’AI che replicano personaggi come Darth Vader, Elsa, Hulk, Yoda, Spiderman, i Minions, e il tutto con un modello allenato su immagini prese ovunque, senza autorizzazione.
«Midjourney è il parassita del copyright per eccellenza», scrivono Disney e Universal, accusando la startup di aver copiato intere opere protette per addestrare i propri modelli, senza autorizzazione, senza compensi, spesso semplicemente cambiando lo sfondo o la location, lasciando il resto identico, e è qui che arriva il punto che per me è il vero nodo della questione.
Perché, a differenza di tutto quello che è venuto prima, della CGI o del motion capture o delle molte altre tecnologie per creare mondi e personaggi, l’intelligenza artificiale generativa non costruisce, copia, e non può fare altro che copiare, siccome il suo meccanismo stesso consiste nell’assorbire immagini preesistenti per poi rigettarle in una nuova forma. Insomma, se serve a creare un Minion o Darth Vader (o qualcosa di simile, cambiando qua e là), sarà tanto fedele da risultare indistinguibile dall’originale, e è proprio questo che fa paura a Hollywood e è comprensibile.
C’è un’altra questione che va detta, e che ho visto in pochissimi sollevare, perché oggi sembra che per essere moderni, illuminati, progressisti, entusiasti, inclusivi, non passatisti, si debba essere sempre e comunque a favore dell’AI, a ogni costo. Salvo quando ti porta via il lavoro artistico o ti copia i personaggi su cui hai costruito il tuo impero. Solo che il copyright non è un optional, è un diritto fondamentale, è il diritto d’autore, quello che garantisce che chi crea qualcosa possa esserne riconosciuto e remunerato. Un altro po’ di storia: io me lo ricordo bene, quando quelli che attaccavano il copyright erano gli estremisti del copyleft, i no logo, gli eredi più o meno radicali di Naomi Klein, quelli che volevano abolire ogni proprietà intellettuale in nome della cultura libera. Erano estremisti di sinistra (anche di destra, comunque anticapitalisti), e poi è arrivata l’AI generativa, che ha realizzato quel sogno in modo radicale e automatico, e improvvisamente gli stessi che un ventennio fa difendevano il copyright, in nome della modernità, sono diventati gli entusiasti dell’AI che lo viola ogni giorno.
E per me, intendiamoci, non è questione di essere a favore o contro l’AI: la tecnologia va avanti e ci mancherebbe. Il problema è che oggi chi difende il diritto d’autore difende l’idea che creare qualcosa, disegnarlo, progettarlo, scriverlo, girarlo, richieda ancora un riconoscimento, non solo morale, concreto, economico. È per questo che la causa contro Midjourney è esemplare: per la prima volta una grande major non si limita a dire che l’AI è pericolosa ma mette nero su bianco che questi modelli, che assorbono centinaia di milioni di immagini protette senza pagare nessuno, sono inaccettabili, legalmente inaccettabili.
Che poi la battaglia legale sarà complicata è chiaro: le questioni di fair use negli Stati Uniti sono un campo minato, ogni caso fa scuola, l’esito non è affatto scontato, però la questione centrale per me è semplice: l’AI generativa funziona perché copia, e è questo che non si può più fingere di non vedere. Vi ricordate la causa che Al Bano vinse contro Michael Jackson? Perché Michael Jackson avrebbe copiato non mi ricordo più il nome, come cavolo si chiamava, I cigli del baccalà, di Al Bano? Non penso proprio che Michael Jackson lo avesse fatto consapevolmente, né che una pop star mondiale come lui avesse bisogno dei cigni e del baccalà di Al Bano, però fu condannato. Mentre su Michael resta il dubbio, sull’AI ce ne sarebbero ben pochi.
Certo, anche Hollywood ha usato l’AI da sempre e la sta usando: per ringiovanire Harrison Ford, per costruire scene intere senza rifarle da zero, per alterare voci nei film (e proprio sulle voci già c’è un problema reale, con l’AI stanno copiando voci di doppiatori, c’è stato anche uno sciopero in merito, quindi il tema non è affatto teorico) ma il punto per me non è usare o non usare l’AI, il punto è che c’è ancora una differenza sostanziale tra usare l’AI per migliorare un contenuto di cui hai i diritti, e allenare un modello intero su contenuti che non ti appartengono e che non hai nemmeno chiesto di usare.
Il problema vero non è tecnico, è culturale, perché ci si è abituati, da anni, a un internet dove tutto è gratis, dove tutto si copia senza citare nessuno, senza pagare nessuno, dove chi osa parlare di copyright viene bollato come un reazionario o un nemico della libertà, e ora il passo successivo è che perfino il diritto d’autore dovrebbe essere gratis per principio, perché «l’intelligenza artificiale non fa altro che imparare», ci spiegano, sì, peccato che impari copiando tutto e pagando nessuno. Il rischio vero è che ci si abitui a un far west artistico dove tutto è gratis, non solo le immagini, non solo la musica, ma perfino il lavoro degli autori, il quale a quel punto diventerà gratis per sempre, e lì non sarà più una battaglia legale, sarà un salto culturale senza ritorno.
A proposito, sono andato a cercare la canzone che Michael Jackson avrebbe copiato da Al Bano: il vero titolo è I cigni di Balaka, dalla quale Michael avrebbe prodotto We You Be There (stupenda). Il baccalà non c’entrava niente, che delusione.