Enti tecnici da riesumare per un rilancio dell’ippica

Negli ultimi mesi l'ippica italiana si è messa in evidenza più che per i risultati della pista - ormai lineari e privi di «botti» - per le polemiche, gli atti di accusa e le prese di posizione, molte delle quali hanno avuto eco anche su organi di stampa di solito sordi e muti davanti all'universo dei cavalli. Due fatti su tutti: la denuncia dell'ingegner Mauro Biasuzzi, allevatore e proprietario del campione rapito di recente Equinox Bi, e le pagine dedicate al nostro mondo da Il Sole 24 Ore lo scorso 13 novembre.
La costante è che, chiunque parli di ippica, nessuno lo fa in modo positivo. Ciò dovrebbe far riflettere. Fanno male le polemiche, ma fa più male sentir affermare che il doping non funziona e che ci è costato «anche dieci volte» più del prezzo di mercato, offrendo scarsi risultati e fino a poche settimane fa in assenza di certificazioni. Fa male vedere i dati economici in negativo, ma fanno più male ancora tanti rumors, a volte strumentali, che si rincorrono per l'Italia secondo i quali starebbero emergendo nuovi tentativi delle vecchie pratiche di sostituzione dei cavalli. Fa male sentir dire che non ci sono sufficienti controlli ed ascoltare poi in tutti gli ambienti il ritornello per cui tanti allenatori che non hanno nemmeno un dipendente sono responsabili di decine di cavalli. Gli ippodromi sono vuoti, e la disputa che si apre non è su come far tornare il pubblico nei parterre, ma su come strappare una matinée in più alla programmazione. Sulle cronache locali dei giornali toscani è di appena ieri la denuncia di un allevatore del galoppo secondo cui oramai si corre solo per un prosciutto. A fronte di questa situazione, qualcuno pensa che la imminente nomina del prefetto Sottile a presidente dell'Unire possa risolvere i problemi e rilanciare l'ippica italiana. Noi non siamo di questo avviso. Anche con un Cda forte e bipartisan - come auspichiamo - il problema dell'ippica italiana non è solo un problema di uomini, anche se dagli attuali vertici dell'Unire ci aspettavamo risultati più cospicui. Occorre ripensare al comparto in termini legislativi: questa è la prima condizione per sperare di ripartire. La legge di riordino del 1999 ha fallito, e questo ci porta a dire che bisogna ripensare tutto e in termini diversi. L'Unire deve rimanere solo come struttura amministrativa di controllo, mentre occorre ripristinare gli enti tecnici ma come strutture semi-private sul modello delle federazioni sportive del Coni, ovvero snelli e partecipati e che fissino le priorità. Altrimenti si perde tempo.
Proviamo a individuarne qualcuna, brevemente e per titoli, di queste priorità: monitoraggio degli impianti e determinazione del principio che le corse - quelle vere, di selezione - si fanno solo dove ci sono strutture (piste, stalle, riprese televisive, attrezzature...) adeguate e all'avanguardia; attuazione del principio per cui occorre correre di meno e per più denari; controlli efficaci e massicci su tutto il settore, a partire dalle filiere, con interventi per le specializzazioni, sui percorsi di formazione. Senza offrire un prodotto di qualità, certificato, e senza un «salotto» adeguato dove invitare la gente a gustarlo non si va da nessuna parte.

Tutto questo l'attuale Unire non può farlo, ed è da questa considerazione che occorre partire per il rilancio.
*Consigliere regionale di Alleanza Nazionale
Responsabile nazionale

del settore ippico del Partito

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