Entro Ferragosto la verità su Bianchini Il nuovo test dirà se lo stupratore è lui

Prima di iniziare ha tirato fuori un’espressione seria, convinta, quasi grave, gonfia di sincerità. Senza abbassare gli occhi, ha detto a Giorgio Olmi, uno dei suoi legali: «Sarei un pazzo se, sapendomi colpevole, avessi chiesto di ripetere questo esame».
Ieri pomeriggio, a Regina Coeli, il presunto stupratore seriale Luca Bianchini ha smesso di aspettare: si è sottoposto per la seconda volta nel giro di 17 giorni al test del dna. Ha voluto che si facesse, anzi di più, perché «lo ha sollecitato sin dal primo momento». Il suo codice genetico, estratto da un tampone salivare, verrà confrontato ancora con le tracce trovate sulle scene delle violenze di cui è accusato, in particolare con il liquido seminale lasciato dal maniaco. Ed entro e non oltre il 14 agosto dovrebbe arrivare l’atteso verdetto. Incontrovertibile. Se il riscontro totale dovesse essere confermato, come già è accaduto in coincidenza dell’arresto, non ci saranno più dubbi sulla sua colpevolezza. Oppure sulla sua innocenza. Nel secondo caso occorrerà ricominciare tutto dall’inizio, nel primo si potrà fare solo un discorso di motivazioni, di cosa lo abbia spinto ad agire in un determinato modo, ma nessuna obiezione potrà essere avanzata sulle sue responsabilità.
«Ogni volta che lo vedo - ha spiegato Olmi - lo trovo sempre più deciso a difendersi, a professare la sua innocenza, l’estraneità agli stupri». Solo una tattica? Una predica a vuoto lontana dalla realtà delle cose? A questo punto basterà avere un po’ di pazienza per capirlo. «I periti - ha aggiunto Bruno Andreozzi, l’altro legale di Bianchini - hanno chiesto tempo fino a prima di Ferragosto. Vogliono poter lavorare con calma ed è comprensibile, vista la delicatezza del momento». Non ha senso, a questo punto di svolta, parlare di strategie future, di mosse e contromosse. Tutto dipenderà dall’esito degli esami che godono di ogni garanzia per l’accusato prevista dal codice, vista la presenza di un perito di parte. Ma, come contraltare, varranno come prova certa in sede di dibattimento.
L’unica altra pista che rimane in piedi, mentre gli investigatori non hanno smesso di frugare nel passato e negli archivi per trovare casi da contestare al presunto stupratore, è quella degli alibi di Bianchini. Giorgio Olmi, che precisa di non avere mai parlato di una cena in pizzeria a cui il suo assistito avrebbe partecipato in coincidenza di uno degli stupri, sta battendo ogni strada possibile tra amici e conoscenti del sospettato, per capire se era con qualcuno di loro durante quei momenti.

Un riscontro ci sarebbe ma, non è una novità, non è dato sapere di più. E forse, a questo punto, nemmeno importa. Quando la prova regina racconterà la sua verità, l’unica possibile, lo spazio per le frasi al condizionale sarà bello che esaurito.

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