Roma Quanto il clima sia cambiato lo dimostra il fatto che da qualche settimana persino lo schivo Guglielmo Epifani è andato a caccia di applausi. Gli ultimi li aveva raccolti giovedì pomeriggio mentre entrava a Palazzo Chigi per respingere il protocollo sul Pubblico impiego. Graditissimi i «tieni duro» che sono venuti dalla piazza studenti-insegnanti della manifestazione di Roma. Era tempo che il sindacato non raccoglieva consensi che non fossero di ultracinquantenni. E poco importa che gli ultimi battimani stiano venendo anche dalle ali estreme della politica e del sindacalismo.
Anzi, la speranza del segretario generale della Cgil è quella di mieterne altri. Tutti, beninteso, legati ai «no» che la Cgil pronuncerà ai tavoli di confronto con il governo, agli incontri con Confindustria e anche - si comincia a temere in ambienti sindacali - quando si tratterà di rinnovare i contratti di lavoro e gli accordi aziendali.
L’impressione degli insider è che quello su Alitalia sia stato l’ultimo accordo chiuso con la Cgil di Epifani. E che adesso si apra una stagione molto simile a quella inaugurata da Sergio Cofferati, quella del sindacato guastatore e «antagonista». Come nel 2002, vicino ai movimenti, lontano dal governo, dalle aziende e dalle altre organizzazioni dei lavoratori. Una stagione in cui sono sempre gli irriducibili a dettare la linea. Anche quando sono minoranza.
Non è un caso che l’agenda dell’inverno caldo di Epifani l’abbiano dettata le categorie più spostate a sinistra: il pubblico impiego e i metalmeccanici. La Fiom Cgil ha proclamato uno sciopero generale il 12 dicembre contro il governo e contro Confindustria (che è anche la linea politica di Rifondazione comunista). In particolare contro la riforma della contrattazione avviata con un tavolo che Epifani aveva già fatto saltare. Esattamente un anno fa il segretario generale della Cgil aveva accusato le sue tute blu di non essere in grado di chiudere accordi. Si era parlato addirittura di una scissione degli «estremisti» della Fiom. Ieri Epifani li ha omaggiati con un significativo: «Cgil e Fiom sono la stessa cosa». Stesso discorso per la Funzione pubblica di Carlo Podda, che ha confermato i tre scioperi regionali del tre, quattro e 14 novembre, annunciando uno sciopero generale nei primi di dicembre con manifestazione a Roma.
Tempi duri, quindi, per gli uffici pubblici, ma anche per le aziende che si ritroveranno in una tenaglia pericolosa da una parte la crisi economica, dall’altra un sindacato con una linea che corrisponde a quella delle ali più estreme. La mancata firma del contratto del commercio da parte della Cgil insomma, è solo un assaggio di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi.
Difficile che in questo clima sia possibile la riforma dei contratti. La trattativa tra Confindustria e i confederali su come sono regolati i rapporti economici tra aziende e dipendenti non avrà sicuramente il consenso della Cgil, nemmeno se gli altri andranno avanti.
La nuova linea antagonista dovrebbe essere ufficializzata mercoledì prossimo all’assemblea dei quadri e dei delegati Cgil. Convocazione straordinaria, ufficialmente per discutere delle proposte per «uscire dalla crisi». In realtà per lanciare la nuova linea del segretario Epifani. Che molti in questi giorni hanno dato in contrasto con quella del Partito democratico di Walter Veltroni. Ma che in realtà è complementare.
Il Pd ha un estremo bisogno di quelle che il leader del partito chiama «radicalità» per contrastare la concorrenza di Di Pietro. E il campo per combatterle scelto dalla sinistra è quello dei temi sociali. La crisi economica farà la sua parte. A Epifani toccherà catalizzare il malcontento.
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