"Era comunista ma potevamo contare su di lui"

Un pentito racconta i rapporti sospetti dell'ex leader siciliano dei Ds: "Decise di aiutare un imprenditore in odor di mafia. E ne fui sorpreso". E un poliziotto inguaia la Cgil

"Era comunista ma potevamo contare su di lui"

I verbali inediti del pentito di mafia Maurizio Di Ga­ti inviati a Bersani vanno maneggiati con estrema cura perché descrivono l’onorevole Angelo Capodicasa a di­sposizione di Cosa nostra. Sono tre i passaggi più delica­ti che interessano il parlamentare del Pd (non indaga­to, ndr ). Il primo: «So da Falsone (boss di Campobello di Licata, ndr ) che Gueli (ex parlamentare regionale Ds, ndr ) di Campobello di Licata aveva rapporti con lui. Anzi disse che Gueli era “una creatura nostra”, anche se era comunista, intendendo con riferimento alla fami­glia mafiosa. Disse che tramite questo sindaco si pote­va arrivare a Capodicasa per avere lavori. Per adesso mi ricordo questo».

In un verbale successivo, il collaboratore di giustizia aggiunge: «Altro esponente politico di cui ho parlato con Falsone in incontri avvenuti nel 2000 è Gueli di Campobello di Licata su cui ho già riferito in precedenti verbali. Ribadisco che tramite lui si poteva arrivare a Ca­podicasa che so essere di Ioppolo Giancaxio ma che non ho mai conosciuto. Mandai a chiedere a Luigi Cac­­ciatore, vecchio capomafia di Ioppolo, tramite Stefano Fragapane, se di questo Capodicasa ci si poteva fidare. Il Cacciatore mi disse che era una brava persona, even­tualmenteadisposizione, ma che purtroppo aveva sba­gl­iato partito perché era candidato nella liste della sini­stra». In un verbale del 22 febbraio 2007 Di Gati parla ad­dirittura di finanziamenti da prendere per il tramite del parlamentare e di una promessa di tangente per l’auto­dromo di Racalmuto.

A tirare in ballo Capodicasa ci pensa poi in tribunale Attilio Brucato, ex capo della Squadra Mobile di Agri­gento, autore di un’indagine sulle infiltrazioni delle co­sche nella costruzione di due ipermercati, collaterale all’inchiesta Alta Mafia,dove spuntava l’imprenditore Gaetano Scifo (condannato in via definitiva) che in quel momento risultava collegato al capomafia Russel­lo. Due centricommerciali in contrapposizione a quello dell’imprenditore Burgio che aveva coraggiosamente denunciato gravi intimidazioni mafiose. Racconta il superpoliziotto: «Ci sorprese che dopo l’arresto di Sci­fo, pendente il processo Alta Mafia in cui Scifo era impu­tato per reati di mafia, i Ds, diciamo, avessero fatto una riunione di Federazione provinciale, perorata, organiz­zata e promossa dall’on. Capodicasa, segretario dei Ds regionale all’epoca,poi parlamentare nazionale, vice­ministro, oggi credo deputato, e da un ex senatore, un certo Gambino, che riunirono la segreteria provinciale dei Ds» per perorare la causa di Scifo a Villaseta in con­trasto col progetto Moses di Burgio. «Scoprimmo che i Ds di Capodicasa avevano contatti diretti con Scifo Gae­tano (...)» incontrato dal parlamentare appena uscito di galera ed anche in consiglio comunale il giorno della votazione. «Fecero una presa di posizione sostanzial­mente contro il centro commerciale Moses. E in un do­cumento dissero che dietro Moses c’erano interessi commerciali oscuri»quand’invece,a detta del viceque­store, gli interessi erano limpidi (...). «A noi sembrò esat­tamente il contrario, e i fatti lo hanno dimostrato». Il poliziotto tira in ballo anche la Cgil per la sorprendente posizione assunta contro l’imprenditore antima­fia: «Aveva preso una posizione che sorprese tutti, in cui chiese perché le forze di polizia non fanno i controlli a Burgio e Moncada, gli unici due che in quel momento ad Agrigento avevano denunziato le estorsioni della mafia (...).

È la prima volta che la Cgil si alza ad Agrigen­to e prende posizione pubblica per dire “ fate gli accerta­menti a qualcuno”, chiede gli accertamenti a tutto ton­do, persino con articoli di stampa e lo fa, giusto giusto, sugli unici due che hanno denunziato Cosa Nostra».

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