Va bene gli uomini, immortalati da gesta eroiche e non solo, ma non scordiamoci di tanti animali che hanno avuto un ruolo importante nella storia del mondo. Chi ha mai sentito parlare di Cher Ami? Questo leggendario piccione ha compiuto una impresa così eroica che il suo corpo è stato imbalsamato ed è visibile, allo Smithsonian Institution. Il volatile era stato regalato da un gruppo di amatori alla divisione Signal Corps dell'Esercito degli Stati Uniti d'America che, durante la Prima Guerra Mondiale, operava in Francia. Il 3 ottobre del 1918, per il maggiore Charles Whittlesey e i suoi 500 uomini sembravano finite le possibilità di salvezza. Situazione disperata: senza cibo e munizioni, i membri appartenenti al «Battaglione Perduto» della 77ª divisione parevano inesorabilmente perduti. Non solo i tedeschi, ma anche il fuoco amico degli alleati, ignorando la loro posizione, aveva ridotto il gruppo a 194 superstiti. Rimanevano solo tre piccioni, nella speranza di mandare messaggi al centro operativo. I primi due vennero abbattuti dai tedeschi. Toccava a Cher Ami volare con l'astuccio legato alla zampa e il disperato messaggio: «Ci troviamo lungo la strada parallela alle coordinate 276,4. La nostra artiglieria sta effettuando uno sbarramento proprio sopra di noi. Per l'amore di Dio, fermatevi». Il piccione viaggiatore venne preso di mira dai fucili tedeschi. In un primo momento, riuscì ad evitare le pallottole, ma poi fu colpito al petto, all'occhio, alla zampa. Eppure nonostante le ferite, Cher Ami riuscì a volare, per 265 miglia, mettendoci solo 65 minuti per consegnare il messaggio. Grazie alla sua impresa, i 194 uomini si salvarono, così come anche il piccione viaggiatore, curato immediatamente, pur perdendo la zampetta, sostituita da una protesi di legno. Al suo arrivo in America, Cher Ami (che era un esemplare femmina, ma lo si scoprì solo durante l'imbalsamazione), considerata eroe di guerra, venne insignita della Croix de guerre e della medaglia Oak Leaf Cluster. Morì nel 1919. Un altro animale che, per motivi diversi, è riuscito a guadagnarsi un posto nell'olimpo degli immortali è il cavallo Marengo (il cui nome deriva dalla famosa omonima battaglia), appartenuto a Napoleone Bonaparte. Lo stallone arabo dell'imperatore, che non era completamente bianco come afferma la leggenda, era arrivato, dall'Egitto, in Francia, nel 1799, quando aveva 6 anni. Pur essendo di piccola taglia, dimostrò di essere un cavallo coraggioso e veloce, tanto che accompagnò il famoso condottiero durante le battaglie di Austerlitz, Jena, Wagram e Waterloo, finendo per essere ferito almeno otto volte. A seguito della sconfitta Napoleone lo abbandonò al suo destino. Che non fu infausto. Catturato da William Petre, venne portato in Inghilterra e venduto al tenente colonnello Angerstein delle Guardie dei granatieri. Morì a 38 anni e il suo scheletro (senza uno zoccolo, utilizzato dagli ufficiali come tabacchiera) è oggi esposto al National Army Museum di Chelsea, Londra. A proposito di cavalli, come dimenticare Bucefalo e il suo sodalizio con Alessandro Magno. Talmente affini, che il cavallo, recalcitrante alla monta, si lascio cavalcare solo dal re macedone. Alessandro ci riuscì con uno stratagemma; aveva capito, infatti che l'animale si spaventava nel vedere i movimenti della sua ombra. Decise così di rivolgergli il muso verso il sole, riuscendo a domarlo. Per vent'anni, il cavallo partecipò a tutte le conquiste del suo illustre proprietario fino a quando, durante la battaglia dell'Idaspe, Bucefalo fu ferito a morte. Ciò non gli impedì di servire fedelmente il suo Alessandro, conducendolo alla vittoria.
Stremato, il cavallo morì alla sera, venendo sepolto con tutti gli onori militari che si devono agli eroi. Tanto che, sul luogo della sua sepoltura, venne fondata la città di Alessandria Bucefala (odierna Jhelum, città del Punjab, provincia del Pakistan).
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