Esplode l’urlo di Milano: «Inter campione!»

La coppa dei Campioni che si alza in piazza Duomo ha l’odore pungente del sudore, quello acre dei fumogeni e della birra che dal pomeriggio a notte fonda è andata giù a fiumi. Ti avvolge con una nuvola di fumo denso. Ti stordisce con lo scoppio dei petardi e con il fischio delle trombette a gas, ti ferisce con i vetri rotti per terra. Ti terrorizza con gli attacchi di panico di chi viene schiacciato dalla folla. È il tifo nerazzurro, il grande protagonista della notte della Champions. In centomila hanno affollato piazza Duomo, dove erano stati allestiti due megaschermi, uno sull’Arengario e l’altro all’ingresso della piazza, in cinquemila hanno scelto l’Arena, altre migliaia alla stazione Centrale. Ma la vera piazza, quella trasformata nel Meazza, sotto lo sguardo sconsolato della Madonnina, era piazza Duomo. Già nella tarda mattina sventolavano per la città le bandiere nerazzurre, le sciarpe, le magliette. I primi tifosi sono arrivati verso mezzogiorno, con magliette e cappellini di ordinanza, chi con seggioline da campeggio sotto braccio, chi asciugamani o coperte. Il tifoso professionista si deve assicurare il posto in prima fila per la finale che aspetta da 38 anni. Una strategia vincente alle 20,45 era letteralmente impossibile muovere un solo passo nella piazza. Migliaia di litri di birra scendono nello stomaco per risalire lentamente alla testa dei tifosi, ora dopo ora gli infaticabili abusivi trascinano carrelli pieni di bottiglie di vetro sempre più calde. C’è chi si è portato buste di prosciutto per improvvisare panini sulle pietre di marmo, chi ha optato per la salamella - per illudersi di essere lì al Bernanbeu insieme ai pochissimi italiani che ci sono riusciti, chi ha portato da casa casse di alcolici, chi beve whisky avvolto in sacchetti di plastica. L’attesa è lunga, l’energia della piazza va a ritmo alterno, momenti di esaltazione si alternano attimi di stanchezza. Per riprendere le energie basta sdraiarsi per terra tra chi collassa. C’è chi improvvisa partite di calcio in galleria sotto i flash dei turisti giapponesi, chi inganna il tempo arrampicandosi sui lampioni, sulle edicole, sui tendoni dei bar, chi si picchia, si lancia petardi e fumogeni. Le bandiere sventola, i cori salgono fino al cielo, le tasche dei gli abusivi si gonfiano. Sale il numero dei feriti di ora in ora, alle 23 erano già un centinaio. Ed è solo l’inizio. La massa informe e poliglotta - dialetti di ogni regione d’Italia si mescolano agli idiomi dei turisti allibiti - divora alcol, cibo, fumo, impassibile sotto il primo sole estivo, il sudore cola, sbava il trucco dal volto e lo spray sul petto nudo. La piazza trema sotto lo scoppio dei petardi. Ore 19,30 sale la tensione.

Attacchi di panico schiacciati nella folla, metrò chiuso, clienti chiusi dentro l’Autogrill. Ore 21,21 gol di Milito, esplode il boato. Ore 22,10 trema la Madonnina. Ore 22,30 fuochi d’artificio, petardi, urla disumane. La festa può cominciare.

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