Esplode un oleodotto, è strage in Nigeria

Tutta colpa dei ladri. Hanno aspettato la notte, protetti dall’oscurità, per prendere d’assalto la condotta che attraversa la città, nel quartiere di Abule Egba, uno dei più densamente abitati di Lagos: si sono aperti un varco e hanno iniziato a rubare petrolio. Ma là sotto c’era nascosto l’inferno. È stato un attimo. Centinaia di persone, uomini, donne, bambini, hanno cominciato ad accalcarsi, il passaparola ha raggiunto il villaggio, chi è arrivato lì con le buste, chi con i secchi, chi con le taniche con un unico scopo, portare via tutto l’oro nero possibile. Lo fanno spesso da queste parti, più di duemila volte negli ultimi cinque anni secondo una statistica della Nigerian National Petroleum Corporation, rubano il greggio per rivenderlo al mercato nero, incuranti della vita e della morte, quando basta solo una scintilla per cancellare tutto. La scintilla si è accesa all’alba e la notte per un attimo è diventata giorno. L’esplosione li ha bruciati vivi mentre erano ancora impegnati nel loro folle andirivieni con le taniche e le buste. Ufficialmente i morti accertati sono 269, bilancio fornito dalla Croce Rossa, ma molti testimoni sono sicuri che i morti sono più del doppio se non addirittura 700, molti introvabili, bruciati e quasi fusi assieme. «Abbiamo recuperato tutti i corpi», sostiene invece Abiodun Orebiyi, segretario generale della Croce Rossa aggiungendo che altre 60 persone sono state ricoverate con gravissime ustioni su tutto il corpo ma che «il numero dei feriti rischia di essere molto più elevato» perchè tra questi sono in molti a nascondersi per timore di finire nelle mani della giustizia». Una tragedia nella tragedia.
Nella parte più settentrionale di quella che è la capitale commerciale del Paese le operazioni di soccorso sono partite subito ma si sono rivelate quasi impossibili, ostacolate dalla temperatura elevata e dal fumo che ha nascosto ogni cosa. I pompieri hanno lavorato a pieno regime per oltre sei ore per cercare di riportare sotto controllo l'incendio ma mano a mano le strade si sono riempite di corpi esanimi e di detriti, le vie sono state invase dall'acqua e dalla schiuma ignifuga utilizzate per soffocare le fiamme. Un’inondazione di morte.
Non è la prima volta che succede e non sarà nemmeno l’ultima. In Nigeria si incrociano 5000 chilometri di condutture petrolifere ma malgrado sia il quinto Paese produttore di greggio dell'Opec il Paese soffre di una cronica penuria di carburante e il furto di petrolio dalle condotte è una pratica comune. La contabilità mette i brividi: 700 morti nell’ottobre del 1998 nel villaggio di Jesse, attraversato da una ragnatela di installazioni petrolifere, si erano tutti radunati accanto a una falla che si era creata nell'oleodotto per rifornirsi di greggio. Pochi trovarono scampo. Più di 300 nel 2000 in una raffineria, dalle parti di Warri, nel sud del Paese: anche qui una falla fatale aveva scatenato la corsa all’oro nero. L’ultima sette mesi fa sulla spiaggia di Ilado, 200 bruciati vivi in un altro tentativo di furto di carburante in un tratto di conduttura situata sulle Snake Islands, nella laguna di Lagos. Per il governo di Abuja circa il 5% del petrolio estratto ogni anno viene trafugato e commercializzato illegalmente.

Per questo le tragedie non finiranno qui: «Ma era tutto prevedibile - spiega serio Joel Ogundere, un avvocato che vive dalla parti del luogo del disastro - È colpa della povertà, dell'ignoranza e dell'avidità». Cosa abbia scatenato l’inferno ancora non si sa. Ma l’avvocato ha già scoperto chi ha acceso la miccia.

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