Tra le barricate di Kiev

Il nostro inviato Fausto Biloslavo a Kiev grazie a "Gli occhi della guerra": il primo giorno del reportage in Ucraina RIVOLTA IN UCRAINA: DIARIO DA KIEV

Tra le barricate di Kiev

KIEV - “Combat” è l’unica parola che conosce in inglese un irriducibile ribelle di piazza Maidan, la piazza centrale di Kiev, capitale dell’Ucraina, dove si sta giocando il destino del paese. A - 20 sotto zero non molla la barricata di ulica Hrushevsgoko teatro di furiosi scontri con la polizia antisommossa fino a pochi giorni fa. Il paesaggio, al calare del buio, è spettrale. I ribelli antigovernativi delle milizie più dure e organizzate come Pravi Sektor (Ala destra) e Spilna Prava (Causa comune) non rispecchiano proprio l’Europa unita dei burocrati. Il loro obiettivo principale è buttare giù con qualsiasi mezzo l’odiato presidente Viktor Yanukovich. Molti indossano la mimetica e altri portano giubbotti antiproiettile, veri o improvvisati. Tutti hanno un casco in testa, dall’elmetto di foggia militare a quello da muratore e una spranga, un bastone, una mazza da baseball o una catena in mano. “Per autodifesa e per una nuova Ucraina senza corrotti e mafiosi”, sostiene all’unisono questa sorta di armata Brancaleone della rivolta. "Prima deve andarsene il presidente e poi penseremo all’Europa", spiega un ribelle sulla prima linea che circonda piazza Maidan dettando le priorità. Scheletri di automobili carbonizzate dalle molotov, sacchi di sabbia, pneumatici formano delle solide barricate difficili da espugnare anche per i Berkut (Aquile reali), le teste di cuoio della polizia. I corpi speciali stanno in retroguardia, pronti ad intervenire, ma nella Rada, il parlamento ucraino si è aperto uno spiraglio politico per evitare spargimenti di sangue. Sulle barricate è scattata la tregua anche se nessuno dei miliziani che le presidiano farà un passo indietro.

In prima linea, a pochi metri dai ribelli, sono schierati gli agenti della milizia intirizziti dal gelo, che non si muovono di un passo.

A metà mattina arrivano in processione i preti ortodossi schierati con la protesta e le madri dei manifestanti imprigionati, feriti o scomparsi, che chiedono ai poliziotti di “redimersi” passando dalla loro parte.

Altre volontarie portano da mangiare o termos di tè scuro e caffè, una manna per chi rimane di guardia.

Sulle barricate sventola un’isolata bandiera blu con le stelline dell’Unione europea assieme a vessilli ucraini e agli

stendardi degli extraparlamentari ultranazionalisti. Un giovane miliziano con il passamontagna nero, che cerca di convincere i poliziotti a cambiare fronte, non ha dubbi: “Deve finire presto, perché la gente muore e soffre, ma con la nostra vittoria”.

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