Blair ha fatto fortuna E salva il Labour dal crac

Il partito è in guerra con i sindacati, che gli chiudono i rubinetti: tolti fondi per milioni di sterline. E arriva in soccorso l'ex premier, ormai straricco

Blair ha fatto fortuna E salva il Labour dal crac

Non più solo ex premier, non più solo statista, non più solo oratore da tremila euro al minuto. Tony Blair si candida a diventare l'uomo della Provvidenza del Labour, il milionario in grado di iniettare nelle casse del partito britannico una buona dose di cash per salvarlo dalla bancarotta. E per aiutare il leader Ed Miliband a vincere la guerra coi sindacati in primis e con i Tory alle urne nel 2015. L'ex capo di governo sarebbe pronto a una «consistente donazione», ben superiore alle 76mila sterline (oltre 90mila euro) già regalate -invano- nel 2010 quando il Labour fu sconfitto dai Tory di David Cameron oggi al governo.
A quattro anni da quel voto la situazione per gli alleati laburisti si è fatta persino più complicata. Da quando il nuovo leader Ed Miliband ha annunciato di voler rompere il cordone ombelicale che da sempre lega il partito ai sindacati -decidendo di abolire il sistema per cui chi si iscrive alle Unions dona automaticamente tre sterline al Labour e ne diventa membro- gli ex storici alleati sono sul piede di guerra. Spiazzati proprio dal loro cavallo di punta, quel giovane brillante, figlio del sociologo marxista Ralph Miliband, che nel 2010 vinse la battaglia per la leadership del partito grazie al voto decisivo dei sindacati. Uno smacco per le Unions. Perciò lo scorso settembre Gmb, tra i principali finanziatori del partito, ha annunciato a sorpresa un taglio del 90% del contributo versato al partito, da 1,4 milioni di euro a 150mila sterline. E oggi anche Unite, il più folto sindacato britannico, pare annuncerà una sforbiciata di oltre un milione. Rubinetti chiusi, insomma. Per ripicca contro la nuova linea. E per far tremare il partito, già indebitato per oltre 10 milioni di sterline e accusato di «incompetenza finanziaria» dagli avversari (i Conservatori hanno un debito di poco più di un milione, dieci volte inferiore). Avanti così e il Labour rischia la bancarotta.
Ma niente paura. A correre in soccorso del partito arriva ora SuperBlair. Tra una conferenza e l'altra (l'ultima a Dubai è durata mezz'ora ed è stata pagata 180mila euro) tra una consulenza e l'altra (Jp Morgan sborsa per lui ogni anno due milioni di sterline), tra una visita alla moglie (ora ex) di Rupert Murdoch e un messaggio di consigli e solidarietà a Rebekah Brooks, l'ex capo di governo ha deciso di investire tempo e denaro perché la battaglia contro i sindacati sia vinta una volta per tutte. Su questo punto «Ed ha mostrato vero coraggio e leadership -ha detto Blair-. È una riforma attesa da tempo e che avrei dovuto fare io stesso. Rimette gli individui in contatto col partito ed è un gran bel modo di mostrare come il Labour può riconnettersi con il popolo britannico».
Con una fortuna stimata di 75 milioni di sterline, quasi un miliardo di euro -ma il suo entourage smentisce-, con uno storico non indifferente (nel 2007 le sue donazioni ad associazioni benefiche hanno toccato quota 10 milioni di sterline), con 13 milioni depositati in banca, Blair «il milionario» sa che può fare la differenza e vuole farla, contribuendo ancora una volta a dare al Partito Laburista una virata al centro. Nei giorni scorsi anche Lord Levy, incaricato della raccolta fondi negli anni d'oro del blairismo, ha invitato il partito a superare gli imbarazzi e cercare denari privati. Blair quei denari li mette sul piatto così, togliendo al Labour anche l'imbarazzo di trovarseli. Miliband ringrazia.

D'altra parte con un parco clienti che comprende i governi di Kuwait e Kazakhstan (i due re del petrolio e del gas), l'ex premier di soldi ne ha accumulati talmente tanti da permettersi il lusso di investire su un partito la cui base lo ha in gran parte rinnegato. Un modo, forse, per farsi perdonare ricchezza, vanità e troppi successi. O più probabilmente per tentare presto il grande ritorno alla politica.

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