Il 9 settembre 1942 Nobuo Fujita rese reale la paura degli americani di vedere apparire stormi di aree giapponesi pronti a radere al suolo il loro Paese. Il pilota in realtà compì solo due raid, sganciò quattro ordigni nei pressi della città di Brookings nell’Oregon, senza provocare morti, feriti o anche danni materiali. Ma al suo rientro in patria divenne subito un eroe e, incredibilmente, anche negli Stati Uniti dove si recò vent’anni dopo per visitare i luoghi bombardati durante la guerra. Tanto da tornare altre tre volte, diventando una sorta di «ambasciatore di pace» e venire infine nominato cittadino onorario di Bookings.
Il bombardamento delle coste orientale dell’America fu oggetto di diversi piani da parte degli alti comandi militari giapponesi ma anche di terrore in campo opposto, tanto da scatenare nel 1942 la famosa «battaglia di Los Angeles». La notte del 24-25 febbraio iniziarono a suonare sirene di allarme in tutta la contea. Venne imposto un totale black out, richiamati migliaia di addetti alle postazioni antiaeree e alle 3.16 i cannoni iniziarono a sparare. La sbarramento continuò con sempre minore intensità fino alle 7.21 quando venne ordinato il cessate il fuoco. In quelle quattro ore vennero esplosi 1.400 colpi che causarono tre morti, più altri tre per infarto, senza contare i diversi edifici danneggiati dal fuoco amico. Anche se a distanza di 70 anni, nessuno riuscì a spiegare cosa avesse fatto scattare l’allarme aereo. Tuttavia l’episodio ispirò qualche anno dopo il famoso film di Steven Spielber «1941, Allarme a Hollywood».
Ma sei mesi dopo l’incubo divenne realtà con l’incursione di Nobuo Fujita, 31 anni, da dieci pilota della marina imperiale giapponese. Fujita pilotava un idrovolante imbarcato in un sommergibile oceanico I-25 con compiti di ricognizione con il quale il 7 dicembre 1941 prese parte all’attacco su Pearl Harbour. Anche se il suo velivolo non potè partecipare per un guasto alle operazioni militari. In seguito fu impiegato in voli di ricognizione sulle coste australiane, neozelandesi e persino su Kodiak in Alaska in preparazione di un ipotetica invasione delle isole Aleutine.
Nell’estate del 1942 il suo sommergibile si avvicino alle coste dell’Oregon e cannoneggiò la base statunitense di Fort Stevens nei pressi di Astoria. Il battello incrociò a lungo in quel tratto di oceano per portare poi a compimento le prime, e uniche, missioni aeree contro il territorio americano. Alle 6 in punto del 9 settembre l’I-25 emerse al confine fra Oregon e California per lanciare l’idrovolante sul quale erano imbarcati oltre a Fujita anche il navigatore Okuda Shoji e soprattutto due bombe da 170 libbre. Fujita lanciò gli ordigni, uno dei quali provocò un piccolo incendio sulle alture nei pressi di Brookings, 6.500 abitanti. Dopo il bombardamento l’I-25 venne attaccato da un aereo americano e costretto a immergersi sul fondo. Il 29 settembre attorno a mezzanotte Fujita ripetè l’attacco lanciando due bombe a qualche chilometro da Port Orford. Al suo rientro riferì di aver osservato incendi, tuttavia non furono mai rinvenuti neppure i crateri delle esplosioni.
Due attacchi in fondo insignificanti dal punto di vista militare, tuttavia sufficienti per fare del pilota un eroe nazionale, accolto trionfalmente al suo rientro in patria. Ma curiosamente anche in America. Nel 1962 si recò a Brookings dove trovò ad attenderlo una lettera di benvenuto firmata dal presidente Kennedy. Con un aereo da turismo e un pilota messi a disposizione dalla comunità, sorvolò nuovamente i luoghi che aveva bombardato 20 anni prima. In segno di amicizia, egli donò alla comunità la sua katana di famiglia, vecchia di 400 anni. Impressionato dalla calda accoglienza, l’ex aviatore nipponico invitò tre studentesse della Brookings-Harbor High School in Giappone. La visita avvenne nel 1985 e le liceali, una volta arrivate, gli consegnarono una lettera del presidente Reagan, attestante «l’ammirazione per la sua gentilezza e generosità».
Fujita ritornò ancora tre volte a Brookings nel 1990, 1992, quando piantò un albero nel luogo dove colpirono le bombe, in segno di pace, e 1995 quando trasferì la sua katana dal municipio alla nuova libreria cittadina. Poco prima della sua morte, avvenuta il 30 settembre 1997 venne anche nominato cittadino onoraio di Brookings e l’anno successivo suo figlio Yoriko Asakura seppellì parte delle sue ceneri nel luoghi colpiti dalle bombe, completando così la sua trasformazione da feroce guerriero ad ambasciatore di pace
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