Non è facile, dovendo succedere a un presidente pirotecnico e amato dal popolino come il visionario Hugo Chavez ritagliarsi non dico un posto nella storia, ma almeno uno strapuntino in cronaca. Nicolas Maduro, neo presidente del Venezuela riconoscibile perché è l'unico presidente al mondo che monta baffi in pura pelliccia di castoro, ci prova. Ma le sue petardistiche alzate d'ingegno, come quella di anticipare il Natale, cui ha fatto seguito l'istituzione di uno scompisciante vice ministero «per la Felicità del Popolo», rischiano di imbarcare quello sfortunato Paese in una sgangherata macchina del tempo che lo depositerà dalle parti della Cina che fu. Non quella del «Grande Balzo in avanti» di questi giorni, tutta liberismo e riforme economiche in puro stile «Chicago boys». No, proprio la Cina di quando c'era Lui, il Grande Timoniere Mao. La prima mossa di Maduro, dopo aver incassato una serie di «poteri speciali» da parte del Parlamento, è stata quella di avviare una retata di imprenditori e commercianti spedendone in carcere un centinaio con l'accusa di «affamare il popolo» praticando una politica inflazionistica di prezzi surrettiziamente alti. Tra le vittime dell'offensiva anti parassiti ci sono i titolari di una nota catena di ferramenta ai quali è stato imposto di abbassare i prezzi del 70 per cento.
Peggio è andata ad Hakim Raffai, un commerciante arabo proprietario di un negozio di elettrodomestici che si è visto chiudere l'attività prima di essere arrestato con l'accusa di speculare sui prezzi, aumentandoli abusivamente di oltre il 200 per cento. Grande è stata la rumba scatenatasi intorno all'«affaire Raffai» dopo la diffusione su Internet di un video in cui si vede il tapino trascinato in lacrime in carcere dai militari. Il quotidiano d'opposizione El Tiempo naturalmente è balzato in groppa alla notizia, mentre il fratello del malcapitato («un incosciente», «un'anima marcia», lo ha bollato Maduro) dichiarava improvvidamente al giornale medesimo: «Preferisco che venga la gente e ci saccheggi il negozio. Ci costerebbe meno!». Al che Maduro ha convocato tutte le telecamere del regno, e a reti unificate ha perentoriamente invitato la Giustizia a procedere contro El Tiempo per il rilievo dato alle parole del commerciante inopinatamente a piede libero, inquadrato come «incitatore al delitto, alla violenza e al saccheggio».
Attonita, l'opposizione del leader anti-bolivariano Enrique Capriles, che mostra l'aggressività di un calamaro, segue l'escalation di Maduro balbettando fiacche proteste destinate a suscitare lo stesso rumore di un fico che cade sull'asfalto. Ieri ci ha provato anche la Chiesa venezuelana a lanciare l'allerta, avvisando che la «guerra economica» lanciata dal caudillo potrebbe generare un'euforia pericolosa, una smania di togliere ai «negozianti borghesi» il maltolto «che potrebbe sfociare in violenza».
È in questo clima da «Guardie Rosse» a Caracas che si inserisce la decisione di anticipare le festività natalizie in nome della «suprema felicità sociale per il popolo». Lo scopo, a pensarci bene, è come l'uovo di Colombo. Celebrare «la Navidad» in anticipo, dice l'uomo dal baffo felpato «è come un vaccino contro chi vuole inventare situazioni di confusione o violenza nel paese». E chi è triste o amareggiato? Niente paura. Chi è amareggiato, assicura Maduro, «può cantare qualcosa di Francesco Pacheco», popolare compositore venezuelano. Così gli passa. In attesa di «sentire le voci» (materia nella quale, si direbbe, si sta attrezzando) Maduro si va specializzando in visioni mistiche. Tempo fa ha raccontato di Chavez «apparso» come un Padre Pio in un tunnel del metro di Caracas.
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