Eliminare una barriera architettonica in condominio non è solo una questione di comodità, ma un diritto. Un diritto che negli anni si è consolidato, si è fatto strada tra norme, sentenze e riforme, fino a diventare un vero e proprio principio cardine della vita condominiale: l’accessibilità non può essere ostacolata, se l’intervento non mette a rischio la stabilità o la sicurezza dell’edificio.
Ma cosa significa davvero? E quali limiti devono essere rispettati quando si parla di rampe, ascensori, montacarichi o piattaforme per agevolare chi ha difficoltà di mobilità? Vediamo.
Il principio: eliminare le barriere è un diritto
La legge (in particolare la 13/1989), ha introdotto un concetto semplice: le innovazioni necessarie per rimuovere le barriere architettoniche sono sempre agevolate.
La riforma del condominio del 2012 ha fatto un passo in più: per deliberare un intervento del genere non servono maggioranze “impossibili”, ma una votazione ridotta rispetto alle innovazioni ordinarie. Un modo per favorire scelte rapide e meno conflittuali.
E non è tutto: se l’assemblea non si esprime entro tre mesi, o respinge la proposta senza valide motivazioni, il condòmino interessato può procedere comunque, a proprie spese.
Un principio forte, che mette al centro non solo la persona disabile, ma qualsiasi abitante con difficoltà temporanea o permanente: dagli anziani alle famiglie con passeggini, fino a chi ha mobilità ridotta a causa di un infortunio.
I limiti: sicurezza e stabilità non si toccano
Se il diritto all’accessibilità è tutelato, non è però assoluto. La legge e la giurisprudenza sono chiare: l’intervento è sempre consentito a condizione che non comprometta:
la stabilità dell’edificio;
la sicurezza delle persone;
la possibilità degli altri condòmini di continuare a utilizzare le parti comuni senza che diventino “inservibili”.
Si tratta dei limiti classici di qualunque innovazione condominiale. Se, ad esempio, un ascensore richiede di abbattere un muro portante senza adeguati accorgimenti tecnici, o una rampa riduce drasticamente l’accesso ai garage, l’opera può essere contestata.
Quando il decoro non può rappresentare una "barriera"
C’è però un elemento che negli anni ha alimentato discussioni infinite: il decoro architettonico.
Oggi è un concetto che non può essere utilizzato per impedire l’eliminazione di barriere architettoniche. La tutela estetica dell’edificio non può prevalere sul diritto di accesso e di mobilità delle persone. In poche parole: non si può dire di no a una piattaforma elevatrice solo perché “rovina la facciata”.
Se l’opera serve solo a un condòmino
Può capitare: l’ascensore serve un appartamento, la rampa riguarda un solo ingresso, la piattaforma è utile a una sola persona. Anche in questo caso, la legge non fa differenze: l’intervento è legittimo purché rispetti le condizioni sopra indicate. Le spese? A carico di chi richiede l’opera, salvo diversa decisione dell’assemblea.
Una questione sempre più attuale
L’Italia è tra i Paesi europei con il più alto indice di popolazione anziana. L’accessibilità è ormai un tema sociale, ancor prima che edilizio.
E la casa, soprattutto in condominio, deve diventare un luogo vivibile per tutti.Il messaggio del legislatore e dei giudici qui è dunque chiaro: l’eliminazione delle barriere architettoniche non è un favore, ma un diritto fondamentale.