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Caos euro, si rischia il ritorno delle dogane

Londra minaccia di reintrodurre i controlli alle frontiere se la Grecia dovesse lasciare la valuta comune. Schengen addio?

Caos euro, si rischia il ritorno delle dogane

La libertà di movimento all’interno dello «spazio Schengen» potrebbe diventare in prospettiva la vittima più illustre della crisi dell’eurozona. L’abitudine ormai consolidata per i cittadini europei a viaggiare senza più controlli alle frontiere rischia infatti di essere oggetto di limitazioni per iniziativa di quei Paesi che intendono opporsi a una prevedibile ondata migratoria proveniente dalla Grecia e da altre nazioni dell’Europa mediterranea.
Il ministro degli Interni britannico Theresa May, in un’intervista al Daily Telegraph, ha spiegato che il governo guidato dal conservatore David Cameron sta pianificando il ritorno ai controlli alle frontiere in previsione di un possibile collasso dell’euro. Oggi hanno libero accesso sul mercato del lavoro britannico i cittadini di tutti i Paesi dell’Unione Europea, con l’eccezione degli ultimi arrivati romeni e bulgari. Ma a Londra si teme che nel caso in cui Atene fosse estromessa dall’eurozona, milioni di greci precipiterebbero nella povertà e molti di loro sarebbero quasi obbligati a cercare lavoro all’estero.
Il fatto che il Regno Unito abbia mantenuto la propria valuta pur facendo parte dell’Ue ne fa una sorta di approdo sicuro e il rischio che al disastro greco possano seguire in un catastrofico effetto domino quelli almeno parziali di altri Paesi vulnerabili come Portogallo, Spagna e Irlanda spinge Londra a organizzarsi per tempo. Primo passo, ha spiegato il ministro May, sarà cercare di determinare l’eventuale aumento dell’immigrazione da questi Paesi europei nelle prossime settimane. Un compito che si rivelerà difficile, ha ammesso, senza introdurre controlli alle frontiere.
C’è un problema politico dietro questa decisione. Cameron, i cui indici di popolarità sono nettamente inferiori a quelli dell’opposizione laburista, si rende conto che il problema dell’immigrazione incontrollata è cruciale presso l’opinione pubblica del Regno Unito. In campagna elettorale, due anni fa, aveva promesso di limitare gli ingressi «a qualche decine di migliaia l’anno», ma le stime parlano di 250mila. Per questo Theresa May ha usato un linguaggio insolitamente aggressivo, affermando che il governo «darà agli immigranti illegali un’accoglienza veramente ostile». E addirittura il Times scrive che il partito conservatore potrebbe chiedere un referendum sull’uscita di Londra dall’Ue se la Grecia dovesse uscire dall’euro.
Ristabilire i controlli sull’immigrazione implica un’infrazione al trattato del mercato comune europeo, ma questo prevede la loro reintroduzione «in circostanze eccezionali». Londra potrebbe decidere di imporre limitazioni solo nei confronti di chi viene nel Regno Unito per cercare lavoro: a costoro potrebbe essere chiesto di munirsi di un apposito visto. Un’iniziativa che ricorda quella attuata dalla Germania e da altri Paesi dell’Europa centrale negli anni immediatamente successivi al 2004, quando la Polonia e altri Paesi dell’ex blocco comunista entrarono nell’Ue.
Ben nota agli italiani, perché riguardò il nostro Paese, la decisione dell’allora presidente francese Nicolas Sarkozy di bloccare la frontiera di Ventimiglia nell’aprile del 2011 per impedire l’arrivo in Francia di migliaia di profughi tunisini. In quella circostanza Sarkozy blindò il confine con l’Italia e minacciò la reintroduzione sistematica dei controlli di frontiera. Anche in quell’occasione, più che considerazioni immediate di ordine pubblico, furono valutazioni politiche a far agire così il presidente francese, che aveva fatto molte promesse ai suoi elettori in tema di controllo dell’immigrazione.
In ultima analisi, il clima che si sta creando a partire dalla crisi greca rischia di creare in tempi anche brevi le condizioni per la fine dell’Europa quale oggi la conosciamo.

Anche se oggi a Londra si parla di controlli mirati su chi cerca di «invadere» il mercato del lavoro britannico, è chiaro che in prospettiva un ritorno alle vecchie frontiere potrebbe sembrare l’unica soluzione al problema innescato dal caos dell’euro.

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