L'eugenetica era un sogno nazista, ma a realizzarlo ci hanno pensato i comunisti cinesi. Le prove e i numeri non occorre neppure andarli a cercare. A render pubbliche le statistiche dell'orrore è lo stesso ministero della Sanita di Pechino. In Cina negli ultimi 42 anni, stando ai dati diffusi in questi giorni, sono stati praticati 336 milioni di aborti e 196 milioni di sterilizzazioni. Per realizzare la raccapricciante magnitudine di quella cifra moltiplicate per cinque volte e mezza la popolazione italiana e immaginatevi altrettanti feti espiantati. Poi tanto per restare in tema immaginatevi le popolazioni d'Italia, Francia e Germania condannate a non avere figli e ridotte in sterilità. La mostruosità peggiore, il Golem con cui il regime cinese deve però fare i conti, sono le conseguenze delle politiche di controllo delle nascite avviate nel 1971 e culminate nella «politica del figlio unico».
L'introduzione nel 1978 della legge che impedisce di mettere al mondo più di un figlio innesca le spietate campagne di aborti e sterilizzazione forzate denunciate dal dissidente cieco Chen Guangcheng. Quella legge, oltre a negare a madri e padri il naturale e inalienabile diritto alla procreazione, è anche la causa, come stanno scoprendo i cinesi, di una serie di aberrazioni demografiche. Aberrazioni che minacciano di trasformarsi nel principale freno allo sviluppo e alla modernizzazione del Paese. La prima e la più grave è il rapido invecchiamento della società. Nel 2000 i cinesi ultrasessantenni erano il 10,3, oggi sono circa il 13,3 per cento. Nello stesso periodo la popolazione sotto i 14 anni è declinata dal 23 al 17 per cento. Secondo questi dati, dunque, la popolazione cinese non ricorda più quella di una società in via di sviluppo, ma piuttosto quella di una nazione avanzata. La sua curva demografica si avvicina a quella di Paesi dove il numero dei giovani e delle persone in età lavorativa non basta a coprire i costi per l'assistenza agli anziani e il pagamento delle pensioni. Se per società avanzata come quelle europee l'invecchiamento rappresenta un handicap, per una società in via di sviluppo equivale a una catastrofe. La Cina oltre a non avere abbastanza manodopera per mantenere i tassi di crescita richiesti rischia di ritrovarsi costretta ad importare braccia giovani e a dover fare i conti con una brusca impennata del costo del lavoro. Rischia insomma una prematura ed imprevista recessione.
L'altra aberrazione potenzialmente devastante è lo squilibrio tra maschi e femmine. La politica del figlio unico determinò una moltiplicazione degli infanticidi. Nelle zone rurali le popolazioni abituate a poter contare sui figli maschi per il futuro sostentamento eliminarono sistematicamente le neonate femmine. L'aberrante pratica venne sostituita da aborti selettivi, ma i termini del problema e dell'orrore restarono gli stessi. Con conseguenze non da poco. Nel 2010 per ogni 118 ragazzi in età da matrimonio c'erano solo 100 ragazze. Nei prossimi vent'anni almeno un quinto dei cinesi avrà difficoltà a trovar moglie, con conseguenze che i demografi non esitano a definire destabilizzanti.
La rivelazione di questi dati e la comparsa dei primi segni di rallentamento nella crescita dell'economia cinese hanno innescato un violento scontro all'interno del regime. Il presidente uscente Hu Jintao ripeteva fino all'anno scorso che il Paese avrebbe mantenuto inalterata la «politica del figlio unico» almeno fino al 2015. Ma con l'arrivo del presidente Xi Jinping il cambiamento potrebbe arrivare molto più in fretta.
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