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Clooney alla guerra del Partenone

L'attore al governo inglese: "Resituite le sculture". Il sindaco di Londra: "Sembra l'agenda di Hitler"

Clooney alla guerra del Partenone

Una disputa lunga due secoli e ora ci si mette pure George Clooney a seminare altra zizzania fra Londra e Atene. I marmi del Partenone? «La Gran Bretagna dovrebbe restituirli alla Grecia». Parole che aizzano il sindaco di Londra: «Qualcuno deve urgentemente restaurare i marmi di George Clooney», risponde nel suo solito stile irriverente Boris Johnson, giocando sui marbles, le «rotelle» dell'interlocutore. Poi un'altra frecciata alla star americana: «La sua sembra l'agenda di Hitler», dice pungendolo sul suo ultimo film. Per poi guadagnarasi la controreplica in stile Clooney: «Troppe iperboli annaffiate da qualche whisky per il sindaco di cui sono un grande fan. Mi sono trovato anch'io nella stessa situazione un paio di volte, perciò nessun rancore».

Sciabolate verbali per l'ultima puntata della saga sui reperti più famosi dell'antica Grecia, considerati la migliore realizzazione dell'architettura classica. I «Marmi di Elgin», meglio conosciuti come «Marmi del Partenone» -una magnifica collezione di sculture del V secolo a.C. che appartenevano al più noto e prezioso tempio dell'Acropoli- sono da duecento anni al centro di un braccio di ferro tra Atene e Londra dopo che l'ambasciatore britannico nell'Impero Ottomano, Lord Thomas Bruce, VII Conte di Elgin, cominciò a rimuoverli dal sito originale tra il 1800 e il 1805 per poi venderli sull'orlo della bancarotta per 35mila sterline al governo di Londra, la città in cui da allora sono esposti al British Museum. Da sempre Atene li vorrebbe indietro, considerandoli un patrimonio nazionale del quale è stata saccheggiata e che dovrebbe reintegrare la metà della collezione rimasta nella capitale. Da sempre Londra ribatte che no, che quel patrimonio è stato acquisito legalmente, è stato tutelato al meglio e viene oggi offerto gratuitamente in un contesto internazionale.

Ma come è entrato Clooney nel braccio di ferro? Tutto comincia al Berlin Film Festival sabato scorso per la presentazione dell'ultimo film diretto e prodotto dalla star americana, che è anche protagonista con Matt Damon, John Goodman e Bill Murray. The Monuments Men, basato su una storia vera, racconta di otto soldati-eroi che durante la Seconda Guerra Mondiale salvano e restituiscono migliaia di opere d'arte trafugate dai nazisti. Ecco che in sala stampa scatta la domanda di un giornalista greco sui Marmi del Partenone. Tirato per la giacchetta, Clooney non esita a rispondere che sarebbe «molto bello» se tornassero ad Atene. Qui parte e non si è ancora fermato lo scambio al vetriolo con Londra. Approdato nella capitale inglese per presentare la pellicola, Clooney torna sull'argomento persino più preparato: «Ho fatto un po' di ricerche per essere sicuro di non essere completamente fuori di testa. E anche qui i sondaggi dicono che gli inglesi sono favorevoli alla restituzione. Il Vaticano e il Getty Museum di Los Angeles hanno già restituito alcuni pezzi. Anche le regole dell'Unesco parlano chiaro: una nazione occupante non può mettere in vendita il patrimonio nazionale del Paese che occupa. I Turchi hanno occupato e poi venduto un unico monumento dividendolo in pezzi. Questi i fatti». Clooney li difende con tale convinzione da guadagnarsi gli elogi del ministro della Cultura greco Panos Panayiotopoulos che lo definisce «un cittadino impegnato e un artista creativo». E gli perdona lo scivolone sul nome: «Pantheon...i marmi del Pantheon».

Il British Museum risponde toccandolo nel vivo: «Come si sentirebbe Clooney se potesse recitare solo in film americani, proiettati solo negli Usa?».

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