Crescita e Pil, all’appello manca la spinta dei consumi

Ecco perché la manovra finanziaria 2026 mette metà delle risorse disponibili nelle tasche delle famiglie

Crescita e Pil, all’appello manca la spinta dei consumi
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Uno dei due grandi problemi all’origine della bassa crescita italiana è quello dei consumi. (L’altro sono gli investimenti, ne parleremo in una prossima occasione). I consumi sono una componente della domanda interna che dipende nel concreto dalle disponibilità economiche, mentre nel comportamento si consuma di più o di meno anche in base alle aspettative: più c’è incertezza, meno si consuma. Ebbene, l’indicatore dei consumi Confcommercio (Icc, uno dei più precisi indici macroeconomici, utilizzato anche da Bankitalia) nell’ultima rilevazione di settembre “pur mostrando un impercettibile miglioramento su base annua (+0,3%) – si legge sul documento - conferma le difficoltà della domanda per i beni, invariata dopo il pesante calo di agosto, e l’andamento più favorevole dei servizi (+0,8%)”. Questa debolezza nei consumi spiega in buona parte la bassa crescita del Pil, che ci trasciniamo intorno al +0,6-0,7% per il 2025.

Di fronte a un’occupazione che ha raggiunto, negli ultimi due anni, i massimi; a un’inflazione che è stabilmente sotto controllo e ben sotto al 2% (è stimata a siamo a 1,6%); a una situazione nei mercati finanziari che mostra salute sia sull’azionario, sia per quanto riguarda lo spread (con il recente sorpasso ai danni della Francia); di fronte a tutti questi indicatori gli italiani continuano a consumare meno di quanto non ci aspetterebbe. E, come se temessero la comparsa improvvisa di qualche imprevisto cigno nero, preferiscono risparmiare.

Ecco perché nella manovra finanziaria per il 2026, appena varata dal governo, gran parte delle risorse disponibili è stata dedicate alla riduzione dell’Irpef (aliquota dal 35 al 33% sui redditi tra 28 e 50mila euro), a quella del carico fiscale sui rinnovi contrattuali, alla casa (bonus ristrutturazioni e mobili). Una decina dei 18,7 miliardi complessivi della legge di bilancio sono stati “messi” nelle tasche di una decina di milioni di contribuenti proprio per spingerli a consumare e a rendere virtuoso il circolo del taglio – pur piccolo - delle tasse. Per un contribuente con redditi lordi di 50mila euro, si tratta di aggiungere 440 euro nel corso del 2026, che si sommano ai 260 già arrivato lo scorso anno in seguito alla riduzione degli scaglioni Irpef.

Questa è la logica con cui si muove il governo che, avendo una coperta sempre corta a causa dei vincoli su deficit e debito, ha scelto di utilizzarla dal lato delle minori imposte più che da quello dell’età pensionabile.

Ora la parola passa agli italiani: basterà a far tornare un po’ di fiducia? Lo si vedrà presto perché i mesi che precedono il Natale e il mese di dicembre stesso, con l’arrivo delle tredicesime, sono quelli decisivi per chiudere il bilancio di un anno di consumi. E per far ripartire la domanda interna.

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