Una caduta mentre faceva sci di fondo in Engadina, una frattura al bacino, tre settimane di riposo e quindi di impegni istituzionali cancellati. Nulla di grave, alla fine, per Angela Merkel, che ha riportato prima di Capodanno una «contusione grave associata a una frattura non scomposta dell'anello pelvico posteriore sinistro». Se un banale incidente per la cancelliera tedesca, come per altri leader politici, si traduce in una temporanea riduzione delle attività istituzionali, per altre categorie professionali eventi del genere hanno tutt'altra ricaduta.
Prendiamo, per esempio, i campioni dello sport: talenti di fama mondiale che, si fa spesso notare, guadagnano cifre spropositate. Sarà per via di queste somme da capogiro che fioccano clausole contrattuai per tutelarne lo stato fisico. Alcune talmente particolari da rasentare il comico. Il difensore inglese Neil Ruddock, passando, nel 2000, dal West Ham al Crystal Palace, si vide applicare una clausola legata al peso: 10 per cento di multa ogni volta che il calciatore, parecchio massiccio di corporatura, avesse superato i 99,8 chili. Questa soglia Ruddock la superò otto volte in meno di sei mesi, tanto da dover rimandare il debutto con il club perché, si disse, «non c'erano dei pantaloncini abbastanza grandi per lui». Al centrocampista svedese Stefan Schwarz, chiamato a vestire la maglia dei black cats, furono testualmente vietate avventure spaziali nel corso dei quattro anni d'ingaggio: il presidente del Sunderland era preoccupato perché il calciatore aveva manifestato il desiderio di fare un viaggio nello spazio. Il Liverpool interdì alla sua ala sinistra Stig Inge Bjornebye di praticare qualunque tipo di attività sciistica: il calciatore norvegese era stato, in giovanissima età, uno ski jumper, disciplina in cui il padre fu addirittura campione olimpico, e la società temeva potesse incappare in infortuni.
Tornando nella metà campo italiana, è famoso il caso di Alessandro Nesta, che fu vittima di un infortunio «paraprofessionale»: nell'ottobre del 2005 si ruppe il tendine del pollice sinistro per aver giocato troppo, sì, ma alla PlayStation. La versione non è mai stata confermata dai medici del club rossonero, ma chissà che dopo l'episodio la società non abbia tirato le orecchie a lui e al suo allora compagno di stanza e di partitelle al pc Andrea Pirlo.
Negli Usa per i giocatori dell'Nba e per quelli di baseball vige, in generale, il divieto di barnstorming, cioè di andare in giro partecipando ad esibizioni sportive (e guadagnando dei gettoni di presenza) durante la off-season, cioè a campionato fermo: il celebre campione degli All Stars Babe Ruth fu sospeso per un tour remunerato nel 1922. Il pericolo di un infortunio che comprometta la stagione, per giunta per una partita da pochi spiccioli, manda su tutte le furie le società sportive. Rarissima eccezione in questo senso ha riguardato il cestista Michael Jordan, l'unico che è riuscito a ottenere, nel suo contratto, una clausola in cui gli veniva esplicitamente «consentito» di giocare a basket ovunque volesse e in qualunque momento. Compresa la partitella nel campetto sotto casa. Ma lui era Michael Jordan, mica uno qualunque.
Se agli sportivi si può imporre una disciplina per via contrattuale, con le star della musica il discorso cambia. Nel mondo della lirica tenori e baritoni fanno palestra gli addominali servono a sostenere il fiato non possono fumare né stare in luoghi dove c'è aria condizionata. Ma l'autotutela è più che altro una scelta. Così, nel mondo del pop c'è Bruce Springsteen che si è garantito un risarcimento di 4,4 milioni di euro nel caso che le sue corde vocali subiscano danni permanenti, tanto da impedirgli il proseguimento della carriera. E c'è quello di Mick Jagger, che ha preferito assicurare i propri genitali, per un milione e mezzo di euro.
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