Turchia, il premier Erdogan torna ad attaccare la stampa straniera

Il primo ministro condanna l'operato delle testate internazionali, i cui giornalisti sono "spie". Ancora accuse alla Cnn: "Non è interessata alla stampa libera"

Turchia, il premier Erdogan torna ad attaccare la stampa straniera

"Servizi esagerati e provocatori", affidati a giornalisti "a cui viene assegnato il compito di lavorare come spie". Ancora una volta il premier turco Recep Tayyp Erdogan non c'è andato giù leggero e parlando ai deputati del suo partito, l'Akp, ha condannato il lavoro che la stampa internazionale fa nel coprire gli avvenimenti in Turchia.

Le accuse del primo ministro, rivolte a tutti gli operatori stranieri, hanno colpito particolarmente la Cnn. Sabato, durante le proteste nel primo anniversario delle manifestazioni di Gezi Park, la polizia ha fermato a telecamere accese Ivan Watson, corrispondente a Istanbul dell'emittente, che copriva gli eventi insieme alla sua troupe. Il giornalista è stato rilasciato poco dopo, una volta controllati i suoi documenti.

Erdogan ha definito Watson, che è tornato a lavorare alla Cnn nel 2009, dopo un periodo alla National Public Radio (Npr), un "lacchè", colto "con le mani nella marmellata" mentre era intento a seminare il caos. Il premier ha sottolineato che lo scopo della stampa internazionale a Istanbul era quello di esagerare la realtà e aggiunto che la Cnn "non è interessata a una stampa libera, imparziale, indipendente".

Accuse sono state rivolte anche allo Spiegel e alla Bbc Turkish, prese di mira per la copertura del disastro minerario a Soma.

Un rapporto stilato da Reporter senza frontiere ha criticato la gestione delle proteste da parte delle autorità turche, che hanno schierato "almeno 25mila poliziotti e 50 cannoni ad acqua", evidenziando come anche la stampa sia stata attaccata e condannando "l'impunità" concessa ai responsabili degli abusi lo scorso anno.

Stefan Fule, commissario europeo per l'allargamento dell'Unione, ha ricordato alle autorità che ogni Paese che voglia entrare nell'Ue "deve garantire i diritti umani, compreso quello di assemblea e di associazione dei suoi cittadini".

Oggi la Corte suprema turca ha deciso lo

sblocco dell'accesso a YouTube, irraggiungibile dal 27 marzo, sostenendo che la decisione presa allora dalle autorità violava la libertà di parola. Il sito di streaming video era stato "oscurato" a pochi giorni dalle elezioni locali.

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